Come noto, il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al D.lgs. n. 36/2023 nasce dall’esigenza di rendere più efficiente il settore della contrattualista pubblica, promuovendo la digitalizzazione in ogni sua fase: dalla programmazione alla conclusione dell’esecuzione dei lavori.
Infatti, come evidenziato anche nella Relazione illustrativa al Codice, una delle materie centrali di intervento e di prioritaria importanza è stata quella della cd. digitalizzazione, la quale rappresenta un elemento cardine dell’intero impianto codicistico.
Nell’ambito delle opere pubbliche, con la locuzione “metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni” il Legislatore fa evidentemente riferimento alla metodologia BIM (Building Information Modeling), che consiste in un processo interamente digitale che consente di gestire tutte le informazioni relative al ciclo di vita delle opere pubbliche, riducendo sensibilmente i rischi della progettazione che costituiscono una delle problematiche tipiche dell’esecuzione.
In tal senso rileva che, come evidenziato nella Relazione illustrativa al Codice, il BIM “assicura la riduzione della complessità dei procedimenti, oltre al contenimento delle tempistiche, in tal modo implementando il livello di efficienza e di efficacia nella realizzazione e gestione delle opere e dei servizi connessi”.
Tuttavia, preme evidenziare che l’uso di metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni non costituisce una novità del nuovo Codice, dal momento che lo stesso era già previsto dall’art. 23, comma 13, del previgente Codice, di cui al D. lgs. n. 50/2016, in attuazione del quale è stato emanato il D.M. n. 560/2017 (cd. “decreto Baratono”), recante la specifica disciplina, successivamente integrato e modificato con il D.M. n. 312/2021, conseguente all’entrata in vigore dell’art. 48, comma 6, del D.L. n. 77/2021.
In ogni caso, il nuovo Codice appalti ha il merito di aver segnato un passo in avanti sotto il profilo dell’ampliamento applicativo della metodologia di gestione in esame.
Peraltro, tale processo di digitalizzazione è stato ulteriormente rafforzato dal recente decreto “correttivo” al Codice, di cui al D.Lgs. n. 209/2024, che è entrato in vigore dal 31 dicembre 2024, il quale ha introdotto numerosi emendamenti, anche sulla disciplina relativa all’uso dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale.
In particolare, ai nostri fini rileva che il decreto correttivo è intervenuto sia sull’art. 43 del Codice – rubricato “Metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni” – sia sul relativo Allegato I.9 in cui è compendiata la relativa disciplina attuativa.
Per quanto concerne l’art. 43, rileva che il comma 1, così come modificato dal correttivo, stabilisce che “a decorrere dal 1° gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti con stima del costo presunto dei lavori di importo superiore a 2 milioni di euro ovvero alla soglia dell’articolo 14, comma 1, lettera a), in caso di interventi su edifici di cui all’articolo 10, comma 1, del codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ”.
L’ultimo periodo del medesimo comma stabilisce che tale disposizione non si applica agli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’adozione dei metodi e strumenti di gestione informativa sopra detti.
Tuttavia, il comma 2 prevede la possibilità, anche al di fuori dei confini dell’obbligatorietà, per le Stazioni Appaltanti di adottare metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, prevedendo eventualmente nella documentazione di gara un punteggio premiale. Tale facoltà resta comunque subordinata all’adozione delle misure stabilite nell’Allegato I.9 del Codice.
Il comma 3 del medesimo articolo esplicita il concetto di interoperabilità delle piattaforme e sottolinea l’importanza dei formati aperti non proprietari “al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti, nonché di consentire il trasferimento dei dati tra pubbliche amministrazioni e operatori economici partecipanti alla procedura aggiudicatari o incaricati dell’esecuzione del contratto”.
L’Allegato I.9 al Codice che, come anticipato, definisce le modalità e i termini di adozione dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni da utilizzare, precisa che le Stazioni Appaltanti, prima di intraprendere qualsiasi processo BIM per i singoli appalti e indipendentemente dalla fase progettuale e dal relativo valore delle opere, devono necessariamente:
È evidente che per le Pubbliche Amministrazioni adeguarsi all’obbligo BIM 2025 significa affrontare cambiamenti significativi nei processi di gestione degli appalti. In ragione di ciò, l’art. 225-bis, introdotto dal decreto correttivo, al comma 3 prevede un regime transitorio per le disposizioni di cui all’art. 43.
In particolare, viene stabilito che lo stesso non trova applicazione per i procedimenti di programmazione di importo superiore alle soglie europee per i quali è stato già redatto il documento di fattibilità delle alternative progettuali.
Avv. Giuseppe Imbergamo, Studio Legale Piselli&Partners
Nel contesto degli appalti pubblici, le verifiche antimafia sono uno strumento fondamentale per garantire la legalità e prevenire infiltrazioni da parte di organizzazioni criminali.
Il Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023) disciplina in modo dettagliato le modalità di verifica dei soggetti coinvolti nelle gare, al fine di tutelare la trasparenza e l’integrità delle procedure di affidamento.
Infatti, l’art. 17, comma 5 D.Lgs. 36/2023 prevede che la Stazione Appaltante dispone l’aggiudicazione dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all’offerente e, quindi, l’assenza di cause di esclusione cui agli artt. 94 e ss. D.Lgs. 36/2023.
Tra le altre, l’art. 94, co. 2 cit. prevede quale causa di esclusione automatica dalle gare d’appalto “la sussistenza, con riferimento ai soggetti indicati al comma 3, di ragioni di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo codice. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-bis, e 92, commi 2 e 3, del codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia”.
A tal proposito, rispetto a quanto previsto dalla disciplina previgente, la disposizione è stata modificata armonicamente alla generale disciplina sul self-cleaning di matrice europea, prevedendo che “La causa di esclusione di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011 non opera se, entro la data dell’aggiudicazione, l’impresa sia stata ammessa al controllo giudiziario ai sensi dell’articolo 34-bis del medesimo codice. In nessun caso l’aggiudicazione può subire dilazioni in ragione della pendenza del procedimento suindicato”.
Dunque, trattasi di una causa di esclusione automatica per cui la Stazione Appaltante svolge un’attività vincolata nell’estromettere dalla gara un’impresa che abbia ricevuto i provvedimenti previsti.
Al quadro normativo così ricostruito si aggiunge altresì l’art. 83 del D. Lgs. 159/2011, il quale stabilisce l’obbligo in capo alle Pubbliche Amministrazioni e alle Stazioni Appaltanti di acquisire la documentazione antimafia di cui all’articolo 84 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’articolo 67.
In particolare, la documentazione antimafia deve essere acquisita:
La documentazione antimafia, ai sensi dell’art. 84 D. Lgs. 159/2011, è costituita dalla comunicazione antimafia e dall’informazione antimafia, le quali – pur accumunate dall’obiettivo di tutela dell’ordine pubblico prescritto dalla documentazione antimafia in generale – si distinguono sotto diversi profili.
Segnatamente, ai sensi dell’art. 84, co. 2 cit., la comunicazione antimafia ha contenuto vincolato ed è rilasciata dal Prefetto, il quale deve unicamente accertare, attraverso la consultazione della banca dati nazionale unica di cui all’articolo 96 d. lgs. n. 159 del 2011, se sussista a carico del soggetto nei cui confronti è effettuata la verifica, una delle misure di cui al Libro I, Titolo I, Capo III, del d. lgs. 159 / 2011.
Tale documento viene richiesto prima di stipulare contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici di valore compreso tra 150.000 euro e le soglie comunitarie ed ha una validità di 6 mesi dall’acquisizione.
L’informazione antimafia, rilasciata sempre dal Prefetto, a differenza della comunicazione, si fonda su una valutazione ampiamente discrezionale circa la sussistenza o meno di tentativi di infiltrazione mafiosa, che muove dall’analisi e dalla valorizzazione di specifici elementi fattuali i quali rappresentano obiettivi indici sintomatici di connessioni o collegamenti con associazioni criminali.
L’art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011 prevede che tali elementi vengano desunti dal contenuto di atti giudiziari; da accertamenti di polizia o da vicende imprenditoriali particolarmente sintomatiche di un intento elusivo.
Tale documento viene richiesto prima di stipulare contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici di valore superiore alle soglie comunitarie, come individuate dall’art. 14 D.Lgs. 36/2023.
In particolare, le informazioni antimafia hanno una validità di 12 mesi dalla data dell’acquisizione, salvo che non siano intercorse modificazioni dell’assetto societario (cfr. art. 86, co. 2 D. Lgs. 159/2011): in tal caso, i legali rappresentanti degli organismi societari, nel termine di trenta giorni dall’intervenuta modificazione dell’assetto societario o gestionale dell’impresa, hanno l’obbligo di trasmettere al prefetto che ha rilasciato l’informazione antimafia, copia degli atti dai quali risulta l’intervenuta modificazione relativamente ai soggetti destinatari delle verifiche antimafia di cui all’art. 85 del D. Lgs. 159/2011.
In ogni caso, per le attività suscettibili di infiltrazione mafiosa, previste dalla L. 190/2012 (art. 1, commi dal 52 al 57), la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria da acquisire indipendentemente dalle soglie stabilite dal D.Lgs. 159/2011 è obbligatoriamente acquisita dai dalle Stazioni Appaltanti attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa cosiddette White List Antimafia – reperibile nella sezione specifica “White List Provinciale” – “Elenco imprese iscritte” del sito istituzionale ella Prefettura della provincia in cui il soggetto richiedente ha la propria sede legale.
L’iscrizione nell’elenco di cui sopra produce i medesimi effetti della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta (art. 1, c. 52-bis, L. 190/2012).
Le stazioni appaltanti hanno l’obbligo di acquisire d’ufficio la documentazione antimafia necessaria per le procedure di gara, mediante consultazione della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, e – qualora ciò non sia possibile – deve inviare una richiesta alla Prefettura competente territorialmente per acquisire la documentazione antimafia necessaria.
In particolare, il Prefetto rilascia la comunicazione antimafia entro trenta giorni (cfr. art. 88, co. 4 D.Lgs. 159/2011) e, decorso tale termine, le Stazioni Appaltanti procedono anche in assenza della comunicazione antimafia, previa acquisizione dell’autocertificazione di cui all’articolo 89.
In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni sono corrisposti sotto condizione risolutiva e le Stazioni Appaltanti revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite (cfr. art. 88, co. 4bis D.Lgs. 159/2011).
Avv. Daniele Bracci – Studio Legale Piselli&Partners
Il Decreto Legislativo 31 dicembre 2024, n. 209, recante disposizioni integrative e correttive al Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36), approvato in seconda lettura dal Consiglio dei Ministri il 23 dicembre 2024, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2024, Supplemento Ordinario n. 45, entrando in vigore lo stesso giorno della pubblicazione.
Si tratta di un intervento normativo ad ampio spettro, che modifica il testo codicistico in maniera significativa, intervenendo anche in maniera incisiva su alcuni aspetti ed istituti chiave nel quadro della contrattualistica pubblica.
Il fondamento del Correttivo Appalti, come noto, è da individuarsi nella Legge Delega (L. n. 78/2022), che all’art. 1, comma 4, prevedeva che “Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi di cui al presente articolo.”.
L’iter di approvazione del Correttivo, dipanatosi dal mese di ottobre (approvazione in prima lettura da parte del CdM) fino appunto al 31 dicembre dello scorso anno, ha suscitato diverse perplessità, in particolare espresse da parte del Consiglio di Stato, che nel parere rilasciato il 2 dicembre 2024 sullo Schema approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri a evidenziato talune specifiche criticità anche rispetto alle previsioni della legge delega.
Le notazioni del Consiglio di Stato si sono appuntate sul fatto che il percorso concretamente seguito possa sollevare dubbi sulla legittimità costituzionale del provvedimento.
In particolare, ha rilevato il Consiglio di Stato – pur dando atto della circostanza che il sintagma “stessa procedura”, non sia esente da un obiettivo margine di ambiguità – il Codice dei Contratti Pubblici e il suo successivo Correttivo sono stati elaborati attraverso processi procedurali sostanzialmente differenti, mentre “la scansione formale dell’intervento correttivo ed integrativo avrebbe verisimilmente dovuto mimare, di fatto, la stessa seguita (rendendo coerente, in via definitiva, la relativa opzione) nella predisposizione del ‘Codice’, anche con riguardo al ruolo del Consiglio di Stato”.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto “non inopportuno segnalare il rischio, potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione”.
Si tratta di una criticità non secondaria dal momento che, ove confermata – ovviamente solo a seguito di eventuale vaglio positivo di una questione di legittimità costituzionale eventualmente sollevata nell’ambito di un giudizio in cui rilevino appunto disposizioni del Correttivo – potrebbe incidere sull’intero provvedimento e non su limitate porzioni dello stesso.
Il Consiglio di Stato ha inoltre manifestato perplessità in particolare sugli atti di concerto resi dai diversi Ministeri, in quanto “espressi in forma secca ed inarticolata , a guisa di mero ed anodino nulla osta alla iniziativa normativa” e sulle modalità di redazione dell’AIR (“Analisi di impatto della regolamentazione”) in quanto essa risulterebbe “[…] per profili significativi e qualificanti, inadeguata: essa si risolve di fatto in un’articolata e perifrastica enunciazione in termini formali e giuridici dell’oggetto e delle modalità di intervento, correttivo ed integrativo, sulle disposizioni del Codice”.
Nonostante tali significativi rilievi, il decreto è stato comunque approvato passando, il successivo 3 dicembre 2024 (per quanto, come parimenti rilevato dal Consiglio di Stato, “allo stato, non è stato acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto1997, n. 281, che integra adempimento procedimentale necessario e, per giunta, logicamente e positivamente preventivo rispetto al parere del Consiglio di Stato”), per il vaglio della Conferenza Stato-Regioni mentre tra il 16 e il 17 dicembre 2024, le Commissioni parlamentari competenti ne hanno esaminato il testo, avanzando alcune osservazioni e proposte di modifica, ed in particolare ponendo alcune “Condizioni” (Commissione Senato).
Il 23 dicembre 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il Decreto, che è stato promulgato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre. Il 22 gennaio 2025, il Correttivo Appalti è stato nuovamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale S.O. n. 3/L, includendo le note esplicative che illustrano le integrazioni e le modifiche apportate ai singoli articoli del Codice dei Contratti Pubblici e dunque fornendo il testo “consolidato” delle disposizioni del D.Lgs. n. 36/2023, come per l’appunto riviste dal Correttivo.
La versione aggiornata e consultabile del Codice come modificato dal Correttivo è consultabile al seguente link.
Alla luce dell’impatto indubbiamente significativo delle novelle introdotte dal Correttivo Appalti, è importante notare che l’ANAC, con un comunicato del Presidente del 14 gennaio 2025, ha preannunciato l’avvio della revisione delle clausole contenute nel Bando-tipo n. 1/2023 (sin qui rivelatosi un fondamentale strumento di standardizzazione delle procedure di gara) chiarendo che, nelle more dell’aggiornamento del Bando-tipo, eventuali variazioni normative che incidano sulle clausole in esso contenute dovranno essere immediatamente considerate come sostitutive delle disposizioni previgenti da parte delle SS.AA..
Al momento della redazione del presente contributo, il Bando tipo aggiornato non risulta essere stato pubblicato da parte dell’ANAC.
L’intervento normativo, come si è detto, ha un impatto rilevante su numerosi articoli e istituti del Codice, andando a modificare molteplici aspetti relativi alla disciplina dell’affidamento, dell’esecuzione e della gestione degli appalti pubblici.
Secondo quanto evidenziato nella Relazione Illustrativa al “Correttivo“, l’obiettivo principale dell’intervento normativo era quello di ottimizzare e semplificare il quadro regolatorio delineato dal Codice dei Contratti Pubblici.
La revisione portata avanti dal Governo ha tenuto conto delle esigenze manifestate dagli operatori economici del settore (consultazioni degli stakeholder tenuta nel mese di luglio 2024) e delle indicazioni di modifica e integrazione fornite dalla Commissione Europea.
Ulteriore fine perseguito dalla riforma è stato quello di tenere conto dei principali orientamenti giurisprudenziali emersi successivamente all’entrata in vigore del Codice dei Contratti Pubblici, con l’intento di garantire una maggiore uniformità applicativa delle norme, con particolare attenzione ai punti che, nel corso del tempo, hanno evidenziato problematiche interpretative e operative.
Come desumibile dalla Relazione al Codice, gli interventi previsti dal Correttivo si sviluppano lungo tre linee direttrici principali:
A livello di struttura, il D.Lgs. n. 209/2024 si compone di 97 articoli, che non si limitano ad intervenire per l’appunto sull’articolato del Codice dei Contratti Pubblici (inserendo peraltro tre nuove disposizioni ex novo, artt. 82-bis, 225-bis e 226-bis e abrogando l’art. 109 sulla “Reputazione dell’impresa”) ma apportano modifiche (anche significative) anche agli allegati tecnici, aggiungendone anche in questo caso tre rispetto agli originari.
Il Governo, nella Relazione illustrativa al Correttiva, dà conto di come non sia stato possibile anticipare in tale contesto il procedimento di delegificazione degli allegati previsto dal Codice, in quanto “la revisione (ad opera del correttivo) degli allegati è consequenziale nella maggior parte dei casi a novelle apportate al relativo articolato del codice”.
Tuttavia, in un’ottica di semplificazione e al fine di rispondere alle esigenze degli operatori di settore, è stata invece valutata l’opzione di “dare ingresso ad uno o più regolamenti da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, commi 1 e 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che – nel rispetto delle procedure già previste a normativa vigente – possano “ospitare”, anche cumulativamente, il contenuto degli allegati per i quali il codice prevede la delegificazione in seconda istanza e a regime”. La scelta risponde dichiaratamente al fine di “evitare un groviglio normativo, con una disciplina attuativa contenuta in modo disorganico e non armonizzato nelle varie fonti normative di secondo livello, che non avrebbe consentito una facile applicazione delle procedure da parte delle stazioni appaltanti, soprattutto in occasione della realizzazione di progetti con scadenze ravvicinate”.
Da quanto sopra, è evidente come anche il sistema di attuazione del Codice originariamente congegnato esca profondamente mutato dall’intervento del Correttivo.
Le principali aree di intervento del Correttivo sono state individuate, nella Relazione illustrativa allo stesso, in dieci aree tematiche principali, identificate come prioritarie a seguito di confronti interistituzionali e con gli operatori economici, per garantire l’efficacia delle norme sui contratti pubblici:
Di indubbia rilevanza l’attenzione che il Legislatore del Correttivo dedica alle tutele lavoristiche. A tale proposito, vanno registrati gli interventi sull’art. 11 del Codice, con riferimento al principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore e con l’introduzione ex novo di un ulteriore Allegato (I.01, rubricato “Contratti collettivi”). .
Tali interventi sono volti, da un lato, a fornire un maggiore ausilio per le SS.AA. nell’individuazione dei CCNL di settore applicabili allo specifico affidamento, prendendo atto delle evidenti problematiche sul punto riscontrate in sede applicativa; dall’altro a garantire la possibilità per l’OE che partecipa ad una procedura di gara di dichiarare un CCNL differente da quello individuato dalla SA, purché vengano garantite tutele economiche e normative equivalenti.
Dall’analisi del testo del Correttivo, anche al di là dalle specifiche “aree tematiche” individuate quali principali obiettivi di intervengo, emergono peraltro una serie di disposizioni meritevoli di specifica menzione e che si riverberano sulla concreta operatività degli operatori economici interessati a partecipare a gare d’appalto.
Con riferimento alla fase dello svolgimento delle procedure, fino alla stipulazione del contratto, il Correttivo in primo luogo introduce modifiche agli articoli 17 e 18 del Codice.
In primo luogo, per quanto riguarda l’art. 17, si introduce un termine massimo di tre mesi (prorogabile al massimo per ulteriori due mesi complessivi) che può intercorrere, per gli appalti di lavori, tra l’approvazione del progetto e la pubblicazione degli atti di gara / invio degli inviti.
Si tratta di una modifica condivisibile (impattante sui soli appalti di lavori), volta ad evitare, da un lato, che intercorra un lasso di tempo eccessivo tra approvazione del progetto e pubblicazione della gara, con conseguenti variazioni dei prezzi; dall’altro, che i termini per la conclusione delle procedure di gara fissati dall’All. I.3 siano in concreto posti nel nulla dall’indebita estensione di tale fondamentale momento, immediatamente precedente la pubblicazione del bando / invio degli inviti.
In secondo luogo, quanto alla fase della stipula contrattuale, l’art. 18 del Codice è stato modificato nel senso di prevedere solo una facoltà per le procedure negoziate / affidamenti diretti, di procedere alla stipula con scambio di corrispondenza anche a mezzo PEC.
In sostanza, con la modifica in questione, si dà la possibilità alle SS.AA. di ricorrere alle modalità di stipula ordinarie anche per gli affidamenti che dovrebbero essere più “snelli” (i.e. procedure negoziate e affidamenti diretti). Evidente è dunque il potenziale aggravio per gli operatori economici con conseguente impatto sulla celerità dei procedimenti in questione, che invece dovrebbero essere caratterizzati da massima semplificazione.
Inoltre, sempre all’art. 18, viene ridotto lo stand – still del Nuovo Codice Appalti vale a dire il termine che deve intercorrere tra la comunicazione di aggiudicazione e la stipula del contratto, precedentemente individuato in 35 giorni ed oggi ridotto, in virtù per l’appunto del Correttivo, a 32 giorni.
Si tratta, a ben vedere, di una riduzione di soli tre giorni, che per quanto finalizzata alla riduzione (nel suo complesso) della durata delle procedure di affidamento, non è dato comprendere quale efficacia in concreto possa effettivamente esplicare visto che trattasi di una differenza di pochi giorni.
Appaiono invece indubbiamente volte ad una risoluzione di problematiche effettivamente emerse nella pratica, alcune disposizioni adottate dal Correttivo in tema di digitalizzazione.
In particolare, il Correttivo Appalti mira ad accelerare e rendere effettivo il processo di digitalizzazione del sistema nazionale degli appalti pubblici, rafforzando l’infrastruttura digitale e i meccanismi di interoperabilità tra le diverse piattaforme istituzionali.
In tale contesto, sono stati introdotti una serie di interventi mirati, tra cui il potenziamento del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) e l’implementazione di ulteriori soluzioni per garantire l’interconnessione tra le diverse banche dati.
L’interoperabilità, d’altronde, rappresenta un nodo chiave e strategico nel contesto del nuovo Codice mirante a garantire un’integrazione efficace delle informazioni e ottimizzare l’intero ciclo di vita del public procurement, assicurando maggiore efficienza, trasparenza e tempestività nei processi di verifica e gestione delle procedure contrattuali. Un obiettivo condivisibile e meritevole del massimo apprezzamento, ma che sino ad oggi non è possibile considerare pienamente raggiunto.
Per quanto riguarda il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) ,riscontriamo nel Correttivo due misure volte a facilitarne, velocizzarne e semplificarne l’alimentazione, al fine di consentire una verifica tempestiva ed efficace dei requisiti di partecipazione alle gare:
La modifica appare innegabilmente significativa nella misura in cui consente di superare, anche in questo caso, situazioni in cui le SS.AA. non riuscivano ad ottenere entro tempistiche adeguate dalle Amministrazioni / dagli enti competenti il rilascio di taluni certificati essenziali ai fini delle verifiche ex art. 99 del Codice.
Nell’ambito delle procedure disciplinate dal Correttivo, invece, trascorsi 30 giorni dalla proposta di aggiudicazione, l’organo competente potrà comunque procedere con l’aggiudicazione (definitiva, efficace), previo ottenimento di una autocertificazione.
La funzione di tale autocertificazione non appare invero del tutto perspicua nell’ipotesi in cui nulla sia cambiato rispetto a quanto già autodichiarato in sede di partecipazione alla procedura; ad ogni modo la norma è chiara nel richiederla in ogni caso, a prescindere dalla necessità di aggiornare le dichiarazioni già rese, quindi pur rimanendo qualche perplessità in termini di reale semplificazione della prescrizione in questione, le SS.AA. dovranno adeguarsi al disposto normativo.
La novella precisa poi che resta fermo l’obbligo di concludere in un congruo termine le verifiche sul possesso dei requisiti e che, qualora, a seguito del controllo, sia accertato l’affidamento a un operatore privo dei requisiti, la stazione appaltante, ferma l’applicabilità delle disposizioni vigenti in tema di esclusione, revoca o annullamento dell’aggiudicazione, di inefficacia o risoluzione del contratto e di responsabilità per false dichiarazioni rese dall’offerente, recede dal contratto, fatto salvo il pagamento del valore delle prestazioni eseguite e il rimborso delle spese eventualmente sostenute per l’esecuzione della parte rimanente, nei limiti delle utilità conseguite, e procede alle segnalazioni alle competenti autorità (ivi compresa l’ANAC ai fini dell’eventuale iscrizione nel Casellario laddove ritenga che la falsa dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave).
Il Correttivo interviene anche in tema di appalti inferiori alle soglie comunitari sia pur con un intervento meno incisivo di quanto ad esempio auspicato inizialmente dall’ANAC, senza andare dunque ad incidere sull’ambito di operatività di affidamenti diretti (per i quali il limite rimane fissato a 150.000 Euro per i lavori e 140.000 Euro per i servizi e forniture) e procedure negoziate.
Le novelle del Correttivo si appuntano invece:
All’art. 61, inoltre, si è inserito il comma 2-bis, prevedendo che per gli affidamenti di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 14, ad eccezione del caso in cui abbiano un interesse transfrontaliero certo (di ex art. 48, comma 2) tenuto conto dell’oggetto e delle caratteristiche delle prestazioni o del mercato di riferimento, le SS.AA. e gli enti concedenti possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e di concessione o possono riservarne l’esecuzione a piccole e medie imprese.
Significative modifiche sono state apportate alla disciplina dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale richiesti agli operatori economici partecipanti alle procedure di affidamento di appalti di servizi e forniture (ex art. 100 del Codice dei Contratti Pubblici).
Le innovazioni normative hanno in sostanza ampliato in misura considerevole i margini di partecipazione, alla stregua del principio del favor participationis. In tale prospettiva, la determinazione del requisito relativo al fatturato globale viene ora effettuata sulla base dei migliori tre esercizi finanziari degli ultimi cinque. Inoltre, ai fini della dimostrazione del requisito di esperienza professionale, si considerano pertinenti i servizi analoghi resi negli ultimi dieci anni.
Si tratta dunque di un “allargamento delle maglie” oggettivamente significativo ma che, allo stesso tempo, appare comunque fornire adeguato rilievo alla esperienza del soggetto, anche al fine di poter far entrare in contatto con la PA soggetti adeguatamente referenziati.
È stata altresì disciplinata in maniera più dettagliata la partecipazione alle gare da parte dei consorzi stabili, con particolare riferimento all’istituto del cumulo alla rinfusa. La novella distingue a seconda che si tratti di appalti di lavori o di servizi e forniture. Per questi ultimi, l’istituto del cumulo alla rinfusa viene confermato come già nel previgente assetto.
Per gli appalti di lavori, invece, il cumulo si atteggia diversamente a seconda che il Consorzio designi consorziate per l’esecuzione o meno:
Con riferimento alla fase esecutiva, il Correttivo Appalti, oltre a intervenire sulla tematica delle varianti, ha introdotto un sistema di premialità e penalità volto a incentivare il rispetto dei termini contrattuali da parte degli operatori economici, penalizzando eventuali ritardi e premiando l’anticipata esecuzione delle prestazioni.
Sempre per quanto attiene alla fase esecutiva, è importante rammentare che il Correttivo è intervenuto su diversi aspetti del travagliato istituto del subappalto:
Ulteriori disposizioni di portata significativamente innovativa sono quelle relative all’equo compenso per i professionisti nell’ambito delle procedure aventi ad oggetto servizi di ingegneria e architettura, con una disciplina che mira a trovare un equilibrio tra la Legge sull’equo compenso e la normativa in tema di appalti pubblici, gli interventi sugli Accordi quadro e la sostanziale riformulazione (differenziata tra lavori e servizi) della revisione prezzi (con introduzione dell’All. II.2-bis), oltre alla integrale riscrittura dell’art. 193, della disciplina del project financing.
Alla luce di quanto sin qui brevemente illustrato, l’intervento del Correttivo è comunque imponente e significativo sotto plurimi aspetti, per quanto abbia mancato di affrontare una serie di temi che pure avrebbero richiesto un intervento.
Occorrerà evidentemente valutare l’efficacia delle modifiche introdotte alla luce da un lato dell’applicazione pratica che verrà fornita dalle Stazione Appaltanti delle neo-introdotte disposizioni e, dall’altro, delle prime pronunce di prassi e giurisprudenza che non tarderanno ad arrivare.
Tonucci & Partners
Gli operatori economici che intendono partecipare a procedure ad evidenza pubblica ed eseguire i relativi contratti pubblici devono necessariamente possedere specifici requisiti, stabiliti dal Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).
In particolare il possesso dei requisiti di partecipazione è richiesto al concorrente “sin dal momento della presentazione dell’offerta”, mentre “i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto” (Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2023, n. 92545 – enfasi aggiunte).
Ciò chiarito, occorre rilevare che i requisiti per la partecipazione alle gare d’appalto si suddividono in requisiti di ordine generale e requisiti di ordine speciale.
I requisiti di ordine generale si riferiscono agli aspetti legali e morali che un operatore economico deve soddisfare per essere ammesso a partecipare ad una gara pubblica, i quali comprendono la capacità giuridica (il concorrente deve essere legalmente costituito e in grado di esercitare le proprie attività commerciali senza impedimenti), la conformità fiscale e contributiva (l’impresa deve essere in regola con il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali e assistenziali) e l’integrità morale (non devono esistere cause di esclusione, come condanne penali per reati di corruzione, mafia o altre attività illecite, che possano comprometterne l’affidabilità).
Il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) ha riordinato e semplificato l’assetto dei requisiti di ordine generale rispetto alla previgente disciplina (d.lgs. n. 50 del 2016).
In particolare, l’art. 94 del nuovo Codice è dedicato alle cause di esclusione automatica, vale a dire quelle riguardanti le sole violazioni gravi e definitivamente accertate, che, per tale motivo, non possono essere oggetto di istruttoria da parte della Stazione appaltante, la quale verificandone la sussistenza in capo ad un concorrente, deve procedere all’esclusione immediata di quest’ultimo.
Il comma 1 dell’art. 94, in continuità con il previgente art. 80, riportano l’elenco dettagliato dei reati che, una volta accertati definitivamente “con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile”, comportano l’esclusione automatica dell’operatore economico concorrente.
Occorre tenere a mente, al riguardo, che, ai sensi del comma 7, “l’esclusione non è disposta e il divieto di aggiudicare non si applica quando il reato è stato depenalizzato oppure quando è intervenuta la riabilitazione oppure, nei casi di condanna ad una pena accessoria perpetua, quando questa è stata dichiarata estinta ai sensi dell’ articolo 179, settimo comma, del codice penale oppure quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna oppure in caso di revoca della condanna medesima”.
Il successivo art. 94, comma 2, d.lgs. n. 36 del 2023 stabilisce che è altresì causa di esclusione la sussistenza di ragioni di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del codice delle leggi antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011) o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo codice.
Un’innovazione dell’attuale disciplina, rispetto alla precedente, riguarda la circostanza per cui la causa di esclusione in caso di infiltrazione mafiosa non opera se, entro la data dell’aggiudicazione, l’impresa sia stata ammessa al controllo giudiziario.
I commi 3 e 4 dell’articolo in esame forniscono, poi, l’elenco dei soggetti, con riferimento ai quali le Stazioni appaltanti devono accertare la sussistenza dei provvedimenti e delle circostanze, sanzionate dai primi due commi dell’articolo.
Tale elencazione presenta alcune novità rispetto alla disciplina previgente:
L’art. 94, comma 6, d.lgs. n. 36 del 2023 disciplina l’esclusione automatica degli operatori economici che si rendono protagonisti di gravi violazioni definitivamente accertate delle norme in materia tributaria (violazioni fiscali di importo superiore ad Euro 5.000) e contributiva (mancato rilascio del DURC).
L’art. 95 integra il quadro introdotto dall’art. 94, regolamentando le cause di esclusione non automatiche, le quali, a differenza di quelle automatiche, conferiscono alle stazioni appaltanti un margine di discrezionalità applicativa.
Si reputa opportuno soffermarsi sulla fattispecie prevista dall’art. 95, comma 2, che introduce la causa di esclusione non automatica per l’operatore economico che abbia “commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali”.
Rispetto alla causa di esclusione automatica stabilita dall’art, 94, comma 6 del Codice, quella in esame differisce a causa del non definitivo accertamento delle violazioni fiscali e previdenziali, che comunque restano gravi.
In tal caso, la violazione si considera grave quando comporta l’inottemperanza a un obbligo di pagamento di imposte o tasse per un importo che, con esclusione di sanzioni e interessi, è pari o superiore al 10% del valore dell’appalto o del lotto/lotti per i quali l’operatore economico concorre. In ogni caso, l’importo della violazione non deve essere inferiore a 35.000 Euro.
Tra le altre cause di esclusione non automatiche menzionate dall’art. 95, merita particolare attenzione quella disciplinata al comma 1, lett. e), relativa all’ipotesi in cui “l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati”.
La norma rinvia, per la disciplina completa della causa di esclusione per grave illecito professionale, all’art. 98 del Codice, nel quale “sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi”.
Il legislatore del Nuovo Codice ha, in buona sostanza, dedicato una norma specifica e a sé stante alla fattispecie del grave illecito professionale, la quale, nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2026, era normato all’art. 80, comma 5, lettere c), c-bis) e c-ter) e dalle Linee guida ANAC n. 6.
Oggi la disciplina relativa a tale causa di esclusione risulta, non solo, unitaria, ma soprattutto esente da qualsivoglia interpretazione applicativa, dovendosi considerare ai fini della configurabilità della fattispecie del grave illecito professionale le sole circostanze tassativamente elencante dall’art. 98, comma 3.
Le fattispecie del grave illecito professionale
Tra queste, vale la pena menzionare due fattispecie innovative rispetto al precedente assetto normativo, stabilite all’art. 94, comma 3, lettere g) e h) ossia:
Come detto, relativamente alle circostanze che integrano la fattispecie di grave illecito professionale, la Stazione appaltante deve compiere una valutazione di gravità, che tiene conto “del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa”.
In merito, la giurisprudenza amministrativa ha di recente rilevato che “il giudizio in ordine alla valutazione discrezionale sull’affidabilità dell’operatore economico operata dalla stazione appaltante va necessariamente condotto nell’ottica dei principi cardine del nuovo Codice dei contratti, primo fra tutti il principio-guida della fiducia.
Le fattispecie, pur tassative, di esclusione non automatica – tra le quali, come visto, rientra quella all’esame, in quanto afferente alla clausola generale di cui alla prima delle ipotesi codificate nell’art. 98, comma 3, lett. b) – non possono che essere interpretate alla stregua dell’art. 2 del nuovo Codice, per il quale l’esercizio del potere, nel settore dei contratti pubblici, si fonda sul “principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione e degli operatori economici”, in una concezione (necessariamente) bilaterale del rapporto fra P.A. e privati.
È proprio al fondamentale principio ermeneutico della fiducia che, in subiecta materia, la relazione procedimentale deve essere informata, dovendosi al contempo riconoscere la preminente autonomia decisionale dell’ente appaltante nell’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico che si sia rivelato inaffidabile” (TAR Campania, sede di Salerno, sez. II, 12.2.2025, n. 295).
Il nuovo Codice ha dettato, per la prima volta, una normativa procedurale specifica relativa alla disciplina dell’esclusione: è stato introdotto, in altri termini, un vero e proprio sub-procedimento concernente l’esclusione dell’operatore economico.
In tal senso, l’art. 96 d.lgs. n. 36 del 2023 fissa, al comma 1, il principio il generale di questo sub-procedimento: “le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura d’appalto, qualora risulti che questi si trovi, a causa di atti compiuti od omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95″.
L’unica deroga a tale principio generale, prevista dunque a favore dell’operatore economico per prevenire l’esclusione, è costituita dal c.d. self cleaning.
Con il termine self cleaning si fa riferimento a tutte le misure adottate in modo tempestivo e spontaneo dall’operatore economico che si trovi in una delle situazioni previste dagli artt. 94 e 95, al fine di dimostrare alla Stazione appaltante la propria affidabilità mediante azioni correttive: è il concorrente, quindi, a dover “fornire prova del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità”.
A tal fine, specifica l’art. 96, comma 6, “l’operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.
Pertanto, “se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, esso non è escluso dalla procedura d’appalto”. Ad ogni modo, la stazione appaltante valuta le misure adottate dagli operatori economici “considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito, nonché la tempestività della loro assunzione”.
L’art. 96 disciplina, poi, al comma 10 la durata e i termini di decorrenza delle cause di esclusione non automatiche previste dall’art. 95, stabilendo, quindi, il periodo per il quale l’esclusione opera.
Nello specifico, “le cause di esclusione di cui all’articolo 95 rilevano:
Infine, appare significativo esaminare la disciplina contenuta nei commi 12 e 14, i quali stabiliscono gli oneri e gli obblighi comunicativi a carico del concorrente e a favore della stazione appaltante.
In particolare, l’operatore economico ha:
Da ultimo, ma non per importanza, l’art. 97 del nuovo Codice appalti disciplina le “cause di esclusione di partecipanti a raggruppamenti”, che si sostanza, in realtà, nella disciplina riguardante la sostituzione o l’estromissione di un componente di un Raggruppamento temporaneo di imprese o di un consorzio che sia incorso in una (o più) delle cause di esclusione di cui agli articoli precedenti.
Pertanto, al fine di evitare il c.d. “contagio”, viene previsto che “se un partecipante al raggruppamento si trova in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 o non è in possesso di uno dei requisiti di cui all’articolo 100, il raggruppamento può comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito dei necessari requisiti, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata”.
Inoltre, al fine di non vedersi escluso, il raggruppamento ha l’onere di:
Parimenti all’art. 96, se tali misure vengono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, la stazione appaltante non escluderà il raggruppamento dalla procedura d’appalto; mentre se tali misure siano intempestive o insufficienti, l’operatore economico verrà escluso.
Accanto ai requisiti di ordine generale che devono essere posseduti indistintamente da qualsiasi operatore economico che intenda partecipare ad una procedura di gara, la Stazione appaltante, in base alla natura e al valore dell’appalto, può richiedere ai concorrenti ulteriori requisiti, per questo motivo chiamati requisiti di ordine speciale, disciplinati agli artt. 100 e 103 d.lgs. n. 36 del 2023.
Occorre, innanzitutto, tenere distinta la disciplina che si applica agli appalti di fornitura e servizi, da quella relativa agli appalti di lavori.
Negli appalti di forniture e servizi, i requisiti di ordine speciale che le Stazioni appaltanti richiedono agli operatori economici riguardano l’idoneità professionale, la capacità economica e finanziaria e la capacità tecnico-professionale.
Per quanto riguarda l’idoneità professionale, i concorrenti ad una procedura di gara devono essere iscritti nel registro della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato o presso i competenti ordini professionali per un’attività pertinente anche se non coincidente con l’oggetto dell’appalto.
Relativamente ai requisiti di capacità economica e finanziaria e tecnico – professionale, pare opportuno evidenziare che l’intervento del decreto Correttivo (d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209), il quale ha apportato un’estensione del periodo rilevante ai fini della dimostrazione di tali requisiti, in tal modo consentendo alle PMI di avere maggiori opportunità di partecipare alle procedure di gara pubbliche singolarmente e, dunque, non in forma complessa (in RTI, Consorzio ecc.) o ricorrendo ad istituti pro-competitivi, quali l’’avvalimento del Codice Appalti, al fine di soddisfare i requisiti di partecipazione richiesti dalla lex di gara dei quali sono in tutto o in parte carenti.
Difatti, l’art. 100, comma 11 del nuovo Codice, così come modificato ad opera del decreto correttivo, oggi stabilisce che, per le procedure di aggiudicazione di appalti di servizi e forniture, le stazioni appaltanti possono richiedere agli operatori economici:
Ciò chiarito in relazione alle procedure di gara di forniture e servizi, occorre rilevare come per le gare di lavori, il Codice detta una disciplina differenziata a seconda del valore della prestazione.
La normativa rilevante in questo ambito è quella prevista dall’art. 100, comma 4 del Codice e dall’Allegato II.12 del Codice stesso.
Occorre segnalare che la disciplina relativa al sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro viene ulteriormente dettagliata nell’Allegato II.12 al Codice dei contratti pubblici.
I suddetti requisiti non sono richiesti, qualora l’operatore economico sia già in possesso dell’attestazione SOA relativa ai lavori da eseguire.
In particolare, al fine di verificare la capacità economico-finanziaria dell’operatore economico, l’amministrazione appaltante può richiedere la comprova di parametri economico-finanziari significativi, “certificati da società di revisione ovvero da altri soggetti preposti che si affianchino alle valutazioni tecniche proprie dell’organismo di certificazione, da cui emerga in modo inequivoco l’esposizione finanziaria dell’operatore economico al momento in cui partecipa a una gara di appalto”.
È importante evidenziare che il nuovo Correttivo al Codice appalti ha eliminato la facoltà della stazione appaltante di richiedere un volume d’affari in lavori pari a due volte l’importo a base di gara, che l’operatore economico deve aver realizzato nei migliori cinque dei dieci anni antecedenti alla data di pubblicazione del bando.
Similmente, per accertare la capacità professionale per gli appalti per i quali è richiesta la classifica illimitata, l’operatore economico può essere chiamato a fornire “prova di aver eseguito lavori per entità e tipologia compresi nella categoria individuata come prevalente a quelli posti in appalto opportunamente certificati dalle rispettive stazioni appaltanti, tramite presentazione del certificato di esecuzione lavori; tale requisito si applica solo agli appalti di lavori di importo pari o superiore a 100 milioni di euro”.
I requisiti per l’esecuzione dell’appalto, come già precisato, costituiscono una categoria distinta rispetto ai requisiti speciali sinora descritti, non essendo necessari ai fini della partecipazione alla gara, venendo richiesti esclusivamente in fase esecutiva.
In merito, “la giurisprudenza ha chiarito che i requisiti di partecipazione, generali di cui all’art. 80 e speciali di cui all’art. 83, devono essere posseduti sin dalla presentazione dell’offerta, mentre i requisiti di esecuzione di cui all’art. 100 condizionano la stipulazione del contratto (Cons. Stato, sez. V, n. 5740/2020; n. 1071/2020), essendo “mezzi (strumenti, beni e attrezzature) necessari all’esecuzione della prestazione promessa alla stazione appaltante” (Cons. Stato, sez. V, n. 8159/2020; cfr. il caso, ricorrente ed emblematico, della disponibilità di centri di cottura in relazione all’affidamento di servizi di ristorazione: Cons. Stato, sez. V, n. 8101/2020).
La qualificazione del requisito – di partecipazione ovvero di esecuzione – è desunta dalla lex specialis, la cui formulazione deve essere chiara al fine di consentire all’operatore economico di conoscere quali sono i requisiti minimi che è tenuto a possedere ai fini della presentazione dell’offerta.
La nozione di “requisiti di esecuzione” è stata elaborata dalla giurisprudenza al fine di indicare i mezzi (strumenti, beni, attrezzature) necessari all’esecuzione della prestazione promessa alla stazione appaltante, con la precisazione che la disponibilità degli stessi è richiesta al concorrente, non al momento di presentazione dell’offerta – ciò che varrebbe a distinguerli dai “requisiti di partecipazione”– , ma al momento dell’esecuzione o, per meglio dire, della stipulazione del contratto, che non sarebbe possibile ove se ne constati la mancanza, per cui potrebbero essere definiti come “condizione” per la stipulazione del contratto d’appalto (Consiglio di Stato, sez. V, n. 8159/2020, n. 5740/2020; n. 5734/2020; n. 1071/2020)” (TAR Lazio Roma, Sez. III ter, 3.9.2024, n. 16064 – enfasi aggiunte).
Ciò premesso, occorre rilevare che i requisiti di esecuzione sono regolamentati dall’art. 113 del nuovo Codice, il quale prevede che le stazioni appaltanti possono richiedere “requisiti particolari per l’esecuzione del contratto, purché siano compatibili con il diritto europeo e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, innovazione e siano precisati nel bando di gara, o nell’invito in caso di procedure senza bando o nel capitolato d’oneri.”
Il Codice, a tal fine, suggerisce che “dette condizioni possono attenere, in particolare, a esigenze sociali e ambientali”.
L’art. 113, pertanto, si limita a delimitare la discrezionalità delle stazioni appaltanti nell’individuazione dei requisiti per l’esecuzione di un appalto, subordinandone la definizione ai principi generali che disciplinano e vincolano l’azione amministrativa nell’ambito della legittima discrezionalità.
dott. Francesco Riccardi
Studio Legale Zoppellari e Associati
Come noto, nell’ambito degli appalti pubblici la procedura di gara si configura come un procedimento di progressiva selezione dei concorrenti, il quale si conclude con l’individuazione dell’aggiudicatario.
È possibile affermare, in estrema sintesi, che la prima selezione avviene al momento della partecipazione, sulla base dei requisiti soggettivi richiesti dalla Stazione Appaltante: infatti, solo gli Operatori economici in possesso dei requisiti generali, di idoneità professionale, economico-finanziari e tecnico-professionali, possono partecipare alla procedura e presentare offerta.
La seconda selezione, invece, avviene in un momento successivo: mediante la valutazione delle offerte prodotte dai concorrenti ammessi e si conclude con l’individuazione dell’aggiudicatario, ovverosia del concorrente che ha presentato la migliore offerta.
Quest’ultimo vaglio avviene sulla base del cosiddetto “criterio di aggiudicazione”, debitamente definito dalla Stazione Appaltante prima dell’avvio della procedura e indicato nella documentazione di gara, sulla base dei seguenti metodi:
– miglior rapporto qualità/prezzo;
– minor prezzo;
– minor costo;
– migliore offerta tecnica, sulla base di un prezzo o di un costo fisso.
Alla luce dell’obiettivo di migliorare la qualità degli appalti pubblici, posto dalle Direttive comunitarie, il Codice generalizza l’utilizzo del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, considerato come criterio prevalente di selezione delle offerte.
Pertanto, in linea di principio, gli appalti pubblici devono essere aggiudicati sulla base del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo o comunque di un criterio in grado di valorizzare, ove possibile, sia la componente tecnico-qualitativa sia la componente economica della proposta formulata dall’Operatore economico e, di conseguenza, dell’opera/servizio/fornitura da realizzare o eseguire.
In tal caso l’offerta si compone, oltre che della documentazione amministrativa (recante gli elementi utili ai fini della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione), di una componente tecnica e di una componente economica. In particolare:
Innanzitutto è opportuno precisare che la Stazione Appaltante, all’interno dei documenti di gara, crea dei meccanismi di valutazione delle offerte tecniche (ed economiche), i quali a loro volta creano un sistema di silenziosa interazione tra l’Amministrazione e gli Operatori economici, traducendo nel linguaggio di gara le aspettative e gli obiettivi della prima e consentendo ai secondi di definire quale sia la combinazione di condizioni tecniche (ed economiche) in grado di massimizzare le proprie convenienze, nonché l’apprezzamento della Stazione Appaltante.
Infatti, l’offerta tecnica deve contenere tutte le indicazioni relative ai requisiti indicati nella lex specialis di gara e i requisiti minimi previsti nel Capitolato tecnico prestazionale quali: le indicazioni sul piano di lavoro, sulle risorse impiegate, sulle fasi previste, sulla durata dell’intervento e sulle ore di lavoro necessarie.
Più precisamente il bando o la lex specialis di gara contiene l’elencazione dei criteri di valutazione e la relativa ponderazione attribuita a ciascuno di essi, anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato.
Inoltre, per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi.
Oltre a questi dati, bisogna anche rispettare alcuni criteri, come l’imposizione di un font specifico per la scrittura dei documenti o la limitazione delle pagine da utilizzare.
L’offerta tecnica, quindi, deve essere compilata in maniera accorta e scrupolosa, sia perché sarà valutata dalla Commissione giudicatrice, sia perché per i relativi documenti non è attivabile il soccorso istruttorio (sia nelle procedure che fanno riferimento al “vecchio” Codice (D.Lgs. n. 50/2016 che in quelle afferenti il nuovo).
Tuttavia, il nuovo Codice, all’art. 101, ha previsto l’istituto del soccorso c.d. “procedimentale” recependo, sul punto, i numerosi arresti giurisprudenziali nel tempo consolidati (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. III, 24 dicembre 2022, n. 17536; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 25 ottobre 2022, n. 1020; Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2022, n. 5650).
Siffatto istituto si distingue dal soccorso istruttorio in quanto limitato alle sole richieste di chiarimenti e/o precisazioni in merito al contenuto dell’offerta tecnica (ed economica) a condizione che nella stessa sia individuabile, in maniera certa, l’effettiva volontà negoziale del concorrente.
Le offerte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto posto a base di gara dalla Stazione Appaltante, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della Stazione Appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste.
Tuttavia, le valutazioni delle stesse, anche per quanto riguarda l’efficienza e l’efficacia, nonché la loro corrispondenza alle previsioni del bando e alle esigenze della Stazione Appaltante, appartengono all’ambito tecnico-discrezionale riservato alla Commissione di gara e, pertanto, non sono sindacabili se non a fronte di macroscopici profili di illegittimità.
Con l’introduzione del nuovo Codice dei contratti pubblici, è stato positivizzato l’istituto dell’avvalimento premiale.
Tale tipologia di avvalimento, rispetto a quello tradizionale, consente all’Operatore economico di ottenere un punteggio più elevato in fase di valutazione dell’offerta, grazie al contributo dell’impresa ausiliaria.
Tuttavia, bisogna tenere a mente un aspetto fondamentale del nuovo istituto: il divieto per l’impresa ausiliaria di partecipare alla stessa gara in cui ha prestato le proprie risorse a un altro Operatore economico.
Avv. Daniele Bracci – Studio Legale Piselli&Partners
La clausola di stand still rappresenta, nell’ambito della contrattualistica pubblica, e più precisamente all’interno della procedura di affidamento, lo strumento attraverso il quale si determina un impedimento temporaneo alla stipula del contratto di appalto, tra la Stazione Appaltante e l’Operatore economico, conseguente all’aggiudicazione definitiva a chiusura del procedimento selettivo delle offerte.
Durante il periodo dello stand still, la Stazione Appaltante deve astenersi dall’esecuzione del contratto con il vincitore “provvisorio” e attendere un determinato periodo di tempo prima di stipulare effettivamente il contratto.
In altri termini, lo stad still è un istituto di origine eurocomunitaria che mira a garantire l’integrità e la trasparenza delle procedure di gara, nonché a consentire ai partecipanti alla gara la possibilità di valutare la decisione della Stazione Appaltante e, se necessario, sollevare contestazioni o ricorsi, senza che la tutela delle proprie posizioni giuridiche vengano pregiudicate o limitate dalla conclusione del contratto, conseguente all’aggiudicazione ritenuta, appunto, viziata.
La stipula del contratto avviene in un lasso di tempo determinato. Nello specifico, esiste un termine dilatorio ed un termine perentorio, che scandiscono il momento in cui stipulare i contratti: la stipula deve avvenire non prima di 35 giorni (termine dilatorio) dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione; e non oltre 60 giorni (termine perentorio), anche in pendenza di contenzioso.
Tuttavia, vi sono delle eccezioni.
Il termine dilatorio (di 35 giorni) non si applica, ai sensi dell’art. 18, comma 3 del Codice, in caso di procedure in cui è stata presentata o ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito, o le impugnazioni sono già state respinte con decisione definitiva.
La ratio della previsione è chiara: non vi possono essere esigenze di tutela di concorrenti in caso di unica offerta presentata ovvero ammessa.
Ancora, lo stand still non trova applicazione nemmeno in caso di appalti basati su un accordo quadro o di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione, come il MePa.
Anche in questo caso la ratio della deroga, almeno per quanto concerne l’ipotesi di accordo quadro, è chiara: l’esigenza di tutelare gli Operatori economici che hanno partecipato alla procedura di gara sembra doverosa soltanto con riferimento alla prima delle due fasi, quella più strettamente pubblicistica e competitiva (cd. a monte), in cui vengono selezionati gli Operatori economici che sottoscriveranno l’accordo quadro.
Da ultimo, in un’ottica di celerità, il termine dilatorio non si applica ai contratti di importo inferiore alle soglie europee.
L’art. 18, comma 2 del Codice stabilisce che, divenuta efficace l’aggiudicazione e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela, la stipula del contratto ha luogo entro i successivi sessanta giorni anche in pendenza di contenzioso.
Tuttavia, il termine perentorio non trova applicazione in caso di contratti di importo inferiore alle soglie europee .
Ancora, il termine perentorio non trova applicazione nel caso in cui la Stazione Appaltante abbia espressamente previsto nella lex specialis di gara un termine diverso o in caso di differimento concordato con l’aggiudicatario e motivato in base all’interesse della Stazione Appaltante compatibilmente con quello generale alla sollecita esecuzione del contratto.
Ancora, il termine perentorio non trova applicazione, e quindi perdura lo stand still, nel caso in cui venga proposto ricorso avverso l’aggiudicazione fino alla pronuncia, cautelare o decisoria della causa (con sentenza in forma semplificata) da parte del giudice.
In particolare, l’effetto sospensivo cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, questa viene respinta, ma anche nel caso in cui il Giudice si dichiari incompetente ovvero fissi la trattazione del merito senza concedere la misura cautelare della sospensione o qualora rinvii la trattazione della istanza cautelare all’esame del merito, con il consenso delle parti, che è da ritenere come sostanziale rinunzia all’esame della domanda cautelare.
Tale clausola ha l’evidente scopo di consentire al Giudice di pronunciarsi prima della stipulazione del contratto.
È interessante notare che, sotto la vigenza del vecchio Codice, si è consolidato l’orientamento per cui la sola violazione dello stand still, senza che vi concorrano vizi propri dell’aggiudicazione, e sempreché non abbia influito negativamente sulla possibilità del soggetto titolare del relativo interesse di ottenere l’affidamento, non comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o la dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato, giacché trattandosi di una fase successiva a quella di selezione del miglior contraente, non potrebbe ripercuotersi negativamente sul provvedimento di aggiudicazione definitiva (cfr. ex multis, T.A.R. Trieste, , sez. I, 12/10/2023, n. 290; T.A.R. Napoli, sez. V, 05/01/2022, n. 78; T.A.R. Roma, sez. II, 11 marzo 2021, n. 3047; Cons. Stato, sez. III, 17 giugno 2019, n. 4087).
Avv. Giuseppe Imbergamo – Studio legale Piselli&Partners
L’art. 14 del D.Lgs. 36/2023 (“Codice dei contratti pubblici”) fissa le soglie di rilevanza europea, cioè gli importi superati i quali l’appalto assume una rilevanza europea e, di conseguenza, trova applicazione la disciplina del Codice dei Contratti Pubblici per i settori ordinari e per i settori speciali.
Invece, nel caso di contratti sottosoglia sono previste delle eccezioni all’applicazione delle regole generali, tramite il ricorso a procedure più agili – quali l’affidamento diretto o la procedura negoziata – al fine di coniugare esigenze di correttezza e trasparenza con strumenti di contrattazione più rapidi e flessibili.
A partire dal 1° gennaio 2024, le soglie di rilevanza comunitaria precedentemente previste dall’art. 14 cit. sono state modificate ad opera del Regolamento delegato (UE) 2023/2495 della Commissione del 15 novembre 2023, il quale trova diretta e immediata attuazione nell’ordinamento, senza bisogno di recepimento.
Le soglie di rilevanza europea, individuate dall’art. 14, comma 1 D.Lgs. 36/2024, sono così determinate:
a) euro 538.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
b) euro 143.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle stazioni appaltanti che sono autorità governative centrali indicate nell’allegato I alla direttiva 2014/24/UE; se gli appalti pubblici di forniture sono aggiudicati da stazioni appaltanti operanti nel settore della difesa, questa soglia si applica solo agli appalti concernenti i prodotti menzionati nell’allegato III alla direttiva 2014/24/UE;
c) euro 221.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da stazioni appaltanti sub-centrali; questa soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, quando gli appalti concernono prodotti non menzionati nell’’allegato III alla direttiva 2014/24/UE;
d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e assimilati elencati all’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE.
Nei settori speciali le soglie di rilevanza europea sono:
a) euro 5.538.000 per gli appalti di lavori;
b) euro 443.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;
c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e assimilati elencati nell’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE.
Occorre precisare che tali valori sono periodicamente rideterminati, con cadenza biennale, con regolamento della Commissione europea, il quale è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri in virtù della pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea e a decorrere dalla data di entrata in vigore prevista nel regolamento stesso.
Dunque, le soglie di rilevanza europea attualmente previste dall’art. 14, comma 1 D.Lgs. 36/2023, aggiornate ad opera del Regolamento delegato (UE) 2023/2495 della Commissione del 15 novembre 2023, valgono per il biennio 2024/2025.
Come si è detto, al di sotto degli importi previsti dall’art. 14, comma 1 cit., i contratti pubblici da affidare sono denominati “contratti sotto soglia ” e sono previste delle eccezioni all’applicazione delle regole generali
In particolare, nell’attuale impianto normativo, la disciplina dell’affidamento di tali contratti è contenuta negli artt. 48 e ss. del D. Lgs. 36/2023,
Per procedere all’affidamento di lavori, servizi e forniture le Stazioni appaltanti, sebbene abbiano pur sempre la possibilità di ricorrere a procedure di affidamento che assicurino una piena concorrenzialità tra gli operatori economici, ricorrono a procedure di affidamento più agili, quali la procedura negoziata senza bando e, per contratti di esiguo importo, l’affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, purchè in possesso di adeguata esperienza.
Una novità rilevante rispetto alla previgente disciplina è rappresentata dalla codificazione del principio di rotazione, contenuta nell’art. 49 D.Lgs. 36/2023, in base al quale è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi, salve eventuali deroghe in casi motivati (es. per la struttura del mercato o l’effettiva assenza di alternative).
Il calcolo delle soglie va effettuato con riferimento al valore dell’affidamento al netto dell’IVA ed è basato sull’importo totale pagabile, quindi senza tener conto degli eventuali ribassi proposti dalle offerte presentate, secondo quanto previsto dall’art. 14, comma 4.
Tale calcolo tiene altresì conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara
Il valore stimato dell’appalto deve essere “quantificato” al momento dell’invio dell’avviso di indizione di gara o del bando di gara o della lettera di invito.
Avv. Giuseppe Imbergamo – Studio Legale Piselli&Partners
Tra gli argomenti di maggiore rilievo trattati dal nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36), si distingue indubbiamente quello relativo ai contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea.
Più comunemente noti come “contratti sotto soglia”, queste procedure di affidamento riguardano i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture il cui valore economico è inferiore a determinate soglie economiche stabilite mediante Regolamento dall’Unione Europea.
In altri termini, tali soglie rappresentano quel parametro oggettivo imprescindibile per delimitare l’ambito di applicazione della normativa comunitaria in materia di contratti pubblici: se, infatti, per i contratti di appalti sopra soglia, e quindi nelle gare di rilievo europeo, trovano applicazione le regole comunitarie, per le gare di importo inferiore, i singoli ordinamenti nazionali disciplinano internamente la normativa in materia, potendo godere di un’ampia autonomia, rimanendo comunque vincolati al rispetto dei principi contenuti nei Trattati dell’Unione Europea.
Al particolare rigore e formalismo che contraddistingue le procedure di rilievo europeo, si contrappone, per le gare sotto soglia, una disciplina volta a garantire una procedura rapida e svincolata da eccessivi e gravosi formalismi.
Quanto alle specifiche norme del nuovo Codice dei contratti pubblici , una prima e significativa novità è rappresentata dalla scelta del legislatore di dedicare l’intera Parte I del Libro II (artt. 48 – 55) alla disciplina dei c.d. contratti sotto soglia, al fine di renderla più organica, ma soprattutto più agevole da consultare, specialmente rispetto alla confusionaria normativa previgente.
Occorre innanzitutto principiare dal comma 1 dell’art. 48 a mente del quale è stabilito che l’affidamento e l’esecuzione dei contratti sotto soglia deve ispirarsi ai principi comuni della materia degli appalti di cui al Libro I, Parti I e II, del nuovo Codice.
Vengono, quindi, applicati sia i principi di carattere generale previsti dalla novella legislativa nei primi diciotto articoli, spaziando dal principio del risultato (art. 1) fino alle norme concernenti il contratto e la sua stipulazione (art. 18), sia le nuove disposizioni riguardanti la “digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti” (artt. 19-36). A tali principi si aggiunge, come verrà a breve indicato, l’applicazione del c.d. principio di rotazione di cui all’art. 49 d.lgs. n. 36/2023.
Prima di procedere all’esame delle specifiche modalità di acquisto sotto soglia, è necessario menzionare l’ulteriore importante novità disposta dal medesimo art. 48, comma 2, del citato Codice, vale a dire l’eccezione in virtù della quale si utilizzano le procedure ordinarie proprie dell’affidamento sopra soglia nella fattispecie in cui, sebbene si tratti di un appalto di valore inferiore alle soglie UE, venga accertata la sussistenza di un c.d. interesse transfrontaliero certo, ossia qualora lo specifico appalto risulti di potenziale rilevanza per operatori di più Paesi dell’Unione Europea.
Con riferimento, invece, alle singole procedure di affidamento di appalti sotto soglia, occorre premettere come le soglie vengano diversificate in ragione, sia del tipo di contratto (lavoro, servizi, forniture), sia del settore specifico coinvolto (settori ordinari e settori speciali).
Gli importi costituenti le soglie sono periodicamente rideterminati e aggiornati mediante Regolamenti della Commissione europea, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
Le attuali soglie di rilevanza europea sono individuate per i settori ordinari in:
Mentre, per i settori speciali:
Relativamente ai settori ordinari, all’art. 50, d.lgs. n. 36/2023 sono disciplinate tre modalità per l’affidamento di contratti sotto soglia. Nel dettaglio, viene previsto:
L’affidamento diretto per gli appalti di lavori di importi inferiori a 150.000 euro e per gli appalti di servizi e forniture di valore inferiore a 140.000 euro.
Come agevolmente ricavabile dalla lettura della norma in parola, detta modalità di acquisizione, tenuto conto del modesto valore dell’appalto, si caratterizza per l’assenza di un obbligo per la Stazione appaltante di esperire un previo confronto competitivo: l’Ente si comporta, in altri termini, come un soggetto privato, potendo liberamente decidere se consultare un unico o più operatori economici, e di conseguenza stipulare il contratto con la società ritenuta più idonea a raggiungere il fine perseguito.
È una procedura che si risolve, essenzialmente, con la determina a contratte dell’Ente. L’unico limite che il Codice ha cura di prevedere si sostanzia nella necessità che l’operatore economico prescelto dall’Ente sia un imprenditore integro e affidabile, in possesso di “documentate esperienze pregresse” idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali.
A tal fine, le Amministrazioni possono istituire appositi albi ed elenchi che raccolgono i nominativi degli operatori economici, suddivisi in base al settore merceologico, da consultare nel momento in cui vi sia una commessa da affidare mediante la modalità in esame;
La procedura negoziata senza bando, nei casi di:
Nella procedura negoziata senza bando, a differenza dell’affidamento diretto, si dà luogo ad un effettivo confronto competitivo tra più operatori economici. Come sopra menzionato, infatti, sussiste un numero minimo di operatori economici da invitare, i quali vengono avvisati dell’avvio della procedura mediante un’apposita lettera di invito proveniente dalla Stazione appaltante.
Attraverso tale comunicazione, viene data notizia della corrispondente gara di appalto, con precisa esposizione delle modalità e dei requisiti di partecipazione. Per selezionare gli operatori da invitare alla procedura negoziata senza bando, sono principalmente due gli strumenti implementati dalle Stazioni appaltanti, entrambi disciplinati dall’Allegato II: il primo è rappresentato dai già richiamati elenchi di operatori economici, dai quali l’Ente può attingere considerando anche le esperienze pregresse nel settore merceologico rilevante; in alternativa, la Stazione appaltante può svolgere una c.d. indagine di mercato, che consiste, in sostanza, nell’avviso agli operatori economici a presentare una manifestazione di interesse, per partecipare alla futura procedura.
Una volta, dunque, selezionati gli operatori economici, mediante l’espletamento di una o di entrambe delle illustrate modalità, si dà avvio alla procedura negoziata mediante la trasmissione delle lettere di invito e la relativa documentazione della procedura.
La possibilità di ricorrere, anche per gli appalti sotto soglia, alle procedure di gara ordinarie (aperta e ristretta) di scelta del contraente. Infatti, il comma 8 dell’art. 50 prevede che «I bandi e gli avvisi di pre-informazione relativi ai contratti di cui alla presente Parte sono pubblicati a livello nazionale con le modalità di cui all’art. 85, con esclusione della trasmissione del bando di gara all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea».
In tal senso, si ritiene che le Stazioni appaltanti possano utilizzare le procedure di gara ordinarie (aperta e ristretta) anche per gli acquisiti sottosoglia. Ad ogni modo, considerati i complessi formalismi e le tempistiche che contraddistinguono tali procedure, le Amministrazioni raramente decidono di esperire una procedura ordinaria per l’affidamento di contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea.
Per ciò che concerne le procedure di appalti sotto soglia nei c.d. settori speciali, il nuovo Codice si limita a prevedere che vigono le norme stabilite dei rispettivi regolamenti, i quali devono essere conformi ai principi del Trattato dell’Unione Europea.
Proseguendo con la trattazione della disciplina degli acquisti sottosoglia, occorre richiamare l’art. 49, che, in continuità con il passato, ribadisce l’applicazione del principio di rotazione, a mente del quale è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente di una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nello stesso settore di servizi, oppure nella stessa categoria di lavori.
Con riferimento alle procedure negoziate senza bando, il principio di rotazione comporta per la Stazione appaltante il divieto di invitare l’aggiudicatario uscente della commessa.
Sulla corretta portata applicativa del principio di rotazione, il TAR Sicilia, sede di Catania, ha precisato recentemente, con la pronuncia n. 1099 del 19 marzo 2024, come “i “due consecutivi affidamenti” fanno, quindi, riferimento a quello da aggiudicare e a quello “immediatamente precedente” con la conseguenza che la disposizione vieta il secondo consecutivo affidamento (avente ad oggetto la stessa categorie di opere) e non – come dalla ravvisato dalla parte ricorrente – il “terzo” affidamento da parte dell’operatore già affidatario di due consecutivi affidamenti.”
Il Legislatore della riforma ha, poi, inteso introdurre delle fattispecie derogatorie al superiore principio, che non trova applicazione “in casi motivati, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”; per gli affidamenti diretti, qualora il valore dell’appalto sia “inferiore a 5.000 euro”, nonché nel caso di procedure negoziate senza bando, “quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata.”
Un’ulteriore fondamentale disposizione inerente alla disciplina in esame è quella contenuta all’art. 50, d.lgs. n. 36 del 2023, concernente la scelta del criterio di aggiudicazione per gli appalti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea.
Sul punto, il Codice stabilisce il c.d. principio di libera scelta da parte delle Stazioni appaltanti, ai sensi del quale queste possono procedere all’aggiudicazione dei relativi appalti indifferentemente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa oppure del prezzo più basso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 108, comma 2, del nuovo Codice.
Viene, poi, specificato, all’art. 51, che nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il RUP può far parte della Commissione giudicatrice, anche ricoprendo il ruolo di Presidente.
Un peculiare istituto, al quale gli operatori economici devono prestare particolare attenzione in sede di gara, è quello relativo all’esclusione automatica delle c.d. offerte anomale, vale a dire quelle offerte che sono ritenute inattendibili, e quindi inidonee ad assicurare una congrua remunerazione economica o la sua effettiva realizzabilità in concreto da parte della società concorrente.
Condizioni necessarie affinché tale istituto trovi applicazione sono che:
Nel dettaglio, l’art. 54 stabilisce che le Stazioni appaltanti prevedono negli atti di gara l’esclusione automatica delle offerte individuate come anomale in applicazione di une delle metodologie di calcolo della soglia di anomalia, prescelto dall’Ente appaltante fra quelli descritti nell’Allegato II.2.
Ulteriore rilevante novità è costituita per i contratti sotto soglia dall’esonero per la Stazione appaltante dal richiedere agli operatori economici la c.d. garanzia provvisoria a corredo dell’offerta.
Le due principali ratio sottese a tale previsione sono indubbiamente riferite alla volontà del legislatore di rendere più celeri e snelle le procedure di affidamento dei contratti di valore inferiore alla soglia europea, nonché di facilitare la partecipazione alle piccole-medio imprese, garantendo loro condizioni meno gravose di accesso.
L’unica fattispecie derogatoria, in ragione della quale si rileva l’obbligo di richiedere la garanzia provvisoria, è prevista per le procedure negoziate senza bando qualora “ricorrano particolari esigenze”, tenuto altresì conto della tipologia e specificità della singola procedura; in tal caso, il suo ammontare non può comunque superare l’1% dell’importo previsto.
Al contrario, la garanzia definitiva, ove richiesta, non potrà essere superiore al 5% dell’importo contrattuale.
A chiusura della procedura di affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, la stipulazione del contratto deve avvenire entro trenta giorni dal provvedimento di aggiudicazione.
Si rammenta che nei contratti sotto soglia, ai sensi del combinato disposto dell’art. 18, comma 3, e dell’art. 55, comma 2, non trova applicazione la regola relativa al termine dilatorio dello stand still period: sussiste fin da subito, dunque, la possibilità per l’Amministrazione di stipulare il contratto con l’operatore economico aggiudicatario.
dott. Francesco Riccardi
Studio Legale Zoppellari e Associati
La disciplina normativa attualmente vigente prevede una serie di soggetti pubblici, di tipologie di affidamento nonché di limiti di importo al di sopra del quale è obbligatorio ricorrere al MePA.
Dall’analisi dell’art. 1, comma 450 della L. n. 296/2006, si evince che tutte le Amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie nonché degli Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici e le Agenzie fiscali, ai sensi del D.Lgs. n. 300/99, sono obbligate a ricorrere al MePA per tutti gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro ma comunque inferiori alla soglia comunitaria.
Obbligo di iscrizione al MePA per le forniture di beni e servizi
La soglia di obbligatorietà così sancita era inizialmente stata prevista per forniture di beni e servizi con un importo superiore ai 1.000 euro. L’intervento della Legge di Bilancio 2019, ossia l’art. 1, comma 130 della L. n. 145/2018, ha introdotto l’innalzamento della soglia di obbligatorietà nel ricorso al MePA
Dal 1° Gennaio 2019, dunque, tutte le pubbliche amministrazioni sono obbligate a ricorrere al MePA per le forniture di beni e l’acquisto di servizi di importo superiore ai 5.000 euro. A seguito di tale intervento, all’interno del comma 450 dell’articolo 1 ovunque ricorre la dicitura “1.000 euro” è stata sostituita con l’inserimento di “5.000 euro”.
Obbligo di utilizzo del MePa e Nuovo Codice Appalti: importi e deroghe
Il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023 nel prevedere, all’art. 49, comma 6, tra le deroghe all’applicazione del principio di rotazione, l’affidamento diretto di lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 5.000 euro, ha allineato tale limite a quello previsto dall’art. 1, comma 450 della L. n. 296/2006 per il ricorso obbligatorio al mercato elettronico della pubblica amministrazione.
Importante evidenziare, tuttavia, che il MIT ha recentemente chiarito, con parere n. 2196/2023, che le piattaforme telematiche sono obbligatorie, alla luce del nuovo Codice dei contratti, anche per i microaffidamenti sotto i 5.000,00 e che l’ANAC, con comunicato del 10.1.2024, ha chiarito che il nuovo Codice dei contratti pubblici non prevede ipotesi di deroga o di esenzione dall’applicazione delle disposizioni sulla digitalizzazione con riferimento a fattispecie particolari di affidamenti o a determinate soglie di importi; pertanto, a decorrere dal 1 ottobre 2024, anche per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro sarà obbligatorio il ricorso alle piattaforme certificate.
Per quanto specificatamente concerne gli enti locali vale il seguente periodo dell’art. 1 comma 450, L. 296/2006:
“Fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti al comma 449 del presente articolo, le altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché le autorità indipendenti, per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure ”.
È noto, infatti, che nel novero dei soggetti contemplati dall’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001 rientrano, tra gli altri, gli enti locali che, pertanto, sono obbligati a fare ricorso al MePA o ad altri mercati elettronici per l’acquisizione di beni e servizi al di sotto della soglia comunitaria.
In merito, invece, ai lavori pubblici vi è stato un intervento della Legge di Bilancio 2020 (L. n. 160/2019) che ha stabilito che gli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip S.p.A. possono avere ad oggetto anche lavori pubblici, intervento già in precedenza effettuato per i soli lavori di manutenzione dalla L. n. 209/2015, c.d. Legge di Bilancio 2016.
Avv. Silvia Lanzaro – Studio Legale Piselli&Partners
Le «Procedure negoziate», ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. h) dell’All. I.1 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici), sono le procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti e gli enti concedenti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni del contratto.
Il Codice dei contratti pubblici prevede la possibilità di svolgere “procedure negoziate” sia per affidare contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie europee sia per affidare contratti di lavori, servizi e forniture – a prescindere dall’importo dell’appalto – in presenza di determinate condizioni tassativamente stabilite dalla legge.
Per quanto concerne le procedure sottosoglia, accanto alla procedura negoziata, figura l’affidamento diretto.
In particolare, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie europee, secondo le seguenti modalità:
– per l’affidamento di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante (art. 50, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 36/2023);
– per l’affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, mediante affidamento diretto anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante (art. 50, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 36/2023);
– per l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro mediante procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici (art. 50, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 36/2023);
– per l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie europee, salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, mediante procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici (art. 50, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 36/2023);
– per l’affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie europee mediante procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici (art. 50, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 36/2023).
Per lo svolgimento della procedura negoziata sottosoglia l’Allegato II.1 al D.Lgs. n. 36/2023 prevede che la procedura prenda avvio con la determina a contrarre ovvero con atto a essa equivalente secondo l’ordinamento della singola stazione appaltante. Successivamente la procedura si articola in tre fasi:
La differenza che intercorre fra affidamento diretto e procedure negoziata sta nel fatto che il primo non è una procedura di gara intesa come confronto competitivo tra più operatori economici anzi l’affidamento può avvenire per espressa previsione normativa “anche senza consultazione di più operatori economici”.
Le procedure negoziate utilizzabili a prescindere dall’importo dell’appalto sono caratterizzate da due peculiarità: la tassatività dei presupposti per la loro applicazione e la necessaria adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, in relazione alla specifica situazione di fatto e alle caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle dinamiche che li caratterizzano.
Lo svolgimento delle procedure negoziate può essere espletato attraverso due modalità:
– previa pubblicazione del bando;
– senza pubblicazione del bando.
I casi in cui è consentito il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara sono previsti, per i settori ordinari, dall’art. 76 del Codice con una distinzione delle condizioni da dover rispettare in base al tipo di appalto in cui si vuole utilizzare la suddetta procedura.
In questo caso, ove possibile, le stazioni appaltanti individuano gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza e concorrenza, selezionando almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei.
La stazione appaltante sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell’articolo 108 del Codice, previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione.
Per i settori speciali l’uso della procedura negoziata senza previa indizione di gara è consentito nelle ipotesi previste dall’art. 158 del Codice.
Procedura negoziata con bando
La previsione della procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara, per i settori ordinari, è sostanzialmente contenuta all’interno dell’art. 73, il quale definisce le modalità – pressoché analoghe – della procedura competitiva con negoziazione.
Per i settori speciali tale tipo di procedura è espressamente regolata dall’art. 157 del Codice.
In questa tipologia di procedura qualsiasi operatore economico può presentare una domanda di partecipazione in risposta a un avviso di indizione di gara fornendo le informazioni richieste dalla stazione appaltante o dall’ente concedente.
I documenti di gara contengono l’oggetto dell’appalto con tutte le caratteristiche richieste, nonché i criteri di aggiudicazione dell’appalto. Tali informazioni devono essere esaustive in modo tale che gli operatori economici interessati valutino coscientemente se partecipare o no alla procedura.
Si tratta di una procedura negoziata in cui si garantisce la parità di trattamento fra gli offerenti rispettando così la concorrenza fra di essi. Pertanto, le amministrazioni aggiudicatrici non forniscono nessuna informazione che possa avvantaggiare un concorrente rispetto ad un altro.
La peculiarità consiste nella possibilità di svolgere la procedura in fasi successive al fine di ridurre il numero delle offerte da negoziare attraverso l’applicazione di criteri di aggiudicazione specificati nel bando di gara.
La stazione appaltante informa per iscritto tutti gli offerenti le cui offerte non sono state escluse delle modifiche alle specifiche tecniche o ad altri documenti di gara diversi da quelli che stabiliscono i requisiti minimi, concedendo ad essi un tempo sufficiente per modificare e ripresentare, ove opportuno, le offerte modificate.
Quando le stazioni appaltanti intendono concludere le negoziazioni, esse informano gli altri offerenti e stabiliscono un termine entro il quale possono essere presentate offerte nuove o modificate.
Esse verificano che le offerte finali siano conformi ai requisiti minimi prescritti dall’articolo 107 del Codice, valutano le offerte finali in base ai criteri di aggiudicazione e aggiudicano l’appalto ai sensi degli articoli 105, con riguardo ai costi del ciclo vita, 108 e 110 del Codice, tenuto conto dei costi del ciclo vita disciplinati dall’Allegato II.8 al Codice stesso.
Avv. Silvia Lanzaro – Studio Legale Piselli&Partners