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24/02/2023

Relazione in ordine al decreto di riforma del Codice dei contratti pubblici

Relazione in ordine al decreto di riforma del Codice dei contratti pubblici

  1. Dallo Schema preliminare di Codice dei contratti pubblici all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del 16 dicembre 2022

Il mese di dicembre 2022 è stato contraddistinto da due passaggi fondamentali per la materia del public procurement, in vista della definitiva approvazione del Nuovo Codice dei Contratti che, nella sua versione definitiva, vedrà la luce nel corso del 2023:

- da un lato, il 13 dicembre 2022, il Consiglio di Stato ha pubblicato sul sito www.giustizia-amministrativa.it (al link: https://www.giustizia-amministrativa.it/schema-del-codice-dei-contratti-pubblici-elaborato-dal-consiglio-di-stato):  (i) lo “Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici”, (ii) lo “Schema del Codice dei contratti pubblici, elaborato dal Consiglio di Stato, con il testo a fronte”, (iii) gli “Allegati al Codice dei contratti pubblici, elaborato dal Consiglio di Stato​​​​​​​” e infine (iv) le “Relazioni al Codice dei contratti pubblici, elaborato dal Consiglio di Stato”;

- dall’altro, a stretto giro rispetto a quanto sopra, è intervenuta l’approvazione in esame preliminare, da parte del Consiglio dei Ministri, del decreto legislativo di riforma del Codice dei contratti, in attuazione della Legge Delega

Come si legge dalla Relazione di accompagnamento al nuovo Codice dei contratti pubblici, l’approvazione dello “Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici”, “costituisce un importante obiettivo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ne dettaglia il contenuto”. Lo “Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici” (d’ora in avanti: progetto di nuovo Codice appalti) è stato confezionato dal Consiglio di Stato, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici

In una prospettiva cronologica, il suddetto Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici segna dunque – auspicabilmente – il punto di arrivo (non necessariamente definitivo, date le possibili modifiche che  potranno intervenire soprattutto in sede parlamentare) di un iter dipanatosi nell’invero ristretto lasso di tempo intercorrente tra luglio 2022 e il mese appunto di dicembre.

Il testo del progetto di nuovo Codice appalti è infatti il frutto dell’operato della Commissione “mista” istituita presso il Consiglio di Stato il 4 luglio 2022 con decreto del Presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini e dal medesimo presieduta.

Alla suddetta Commissione è stato affidato l’importante compito di procedere alla redazione dello schema di codice. La Commissione aveva un carattere misto: i Consiglieri di Stato, infatti, sono stati affiancati, non solo da magistrati dei T.A.R, della Cassazione, della Corte dei conti, ma anche da Avvocati dello Stato, nonché da esperti esterni quali professori, avvocati, economisti, ingegneri, esperti di drafting, un informatico e un accademico della Crusca. Come si legge dalla Relazione al progetto di nuovo Codice appalti, la composizione variegata della Commissione trova la sua ragion d’essere nell’esigenza “di seguire un metodo di redazione normativa rigorosamente multidisciplinare, sottoponendo le disposizioni man mano formulate a una verifica di “fattibilità tecnico/economica”, ossia a una realistica simulazione applicativa da parte di esperti di altre discipline e non soltanto da giuristi.”

La Commissione speciale, come si è detto supra, è stata chiamata ad elaborare il progetto del decreto legislativo sulla disciplina dei contratti pubblici in tempi stringenti: il carattere sollecito che contraddistingue l’adozione della riforma che ci si appresta a descrivere nei suoi punti nevralgici si giustifica in ragione della circostanza che la stessa costituisce a tutti gli effetti, come in precedenza accennato, un obiettivo del PNRR, da conseguire entro il termine del 31 marzo 2023.

 

Orbene, come si ricorderà, sul finire del mese di ottobre 2022 era circolata una bozza – in realtà espressamente definita “provvisoria e riservata” - dal titolo “Schema preliminare di Codice dei contratti pubblici”, la quale è stata dunque successivamente affinata per tener conto delle interlocuzioni intervenute nelle ultime settimane.

In data 7 dicembre 2022, poi, è stato trasmesso al Governo lo “Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici”.

 

  1. Lo Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici: aspetti di carattere generale, struttura e principi

 

Prima di procedere all’analisi dell’architettura dello Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici, è opportuno compiere qualche riflessione di carattere generale. In particolare, nell’impostazione dei redattori, il medesimo:

 

  • costituisce un testo immediatamente “autoesecutivo, nella misura in cui non postula la necessità di procedere all’adozione di alcun regolamento di attuazione (innovando dunque rispetto al passato, ove si è avuto un regolamento di attuazione e il ricorso ad un sistema parcellizzato di provvedimenti di attuazione, soft law ANAC e Decreti Ministeriali);
  • A norma dell’art. 229 “il codice entra in vigore, con i relativi allegati, il 1° aprile 2023 (comma 1); a norma del successivo comma 2, peraltro, “Le disposizioni del codice, con i relativi allegati, eventualmente già sostituiti o modificati ai sensi delle relative disposizioni, acquistano efficacia il 1° luglio 2023;
  • contempla un numero pari a 35 allegati, molti dei quali consistono di poche pagine. I suddetti assorbiranno, oltre ai 25 allegati al codice attuale, anche le 17 linee guida ANAC, nonché i 15 regolamenti ancora vigenti (tra cui il d.P.R. n. 207 del 2010, risalente all'attuazione del codice del 2006, nonché quello sui contratti del Ministero della difesa, che vede una riduzione da oltre 100 articoli a poco più di 10): tale risultato di sfoltimento normativo è stato conseguito anche per effetto del rinvio, in vari casi, agli allegati delle tre direttive comunitarie;
  • è accompagnato da una relazione che, nell’illustrare analiticamente le sue principali novità, aspira a divenire un vero e proprio manuale operativo” per l’utilizzo del nuovo codice.

 

Sotto il profilo strutturale, il progetto di nuovo Codice appalti contempla un numero di articoli in realtà analogo a quello del codice vigente: 220.

 

Gli articoli risultano suddivisi nei seguenti 5 libri:

 

  • Libro I: DEI PRINCIPI, DELLA DIGITALIZZAZIONE, DELLA PROGRAMMAZIONE E DELLA PROGETTAZIONE;
  • Libro II: DELL’APPALTO;
  • Libro III: DELL’APPALTO NEI SETTORI SPECIALI;
  • Libro IV: DEL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO E DELLE CONCESSIONI;
  • Libro V: DEL CONTENZIOSO E DELL’AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE. DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE.

 

Adottando un’ottica comparativa, sebbene lo Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici contempli un numero di articoli analogo a quelli del codice vigente, tuttavia, quell’esigenza semplificatoria tanto discussa in materia di appalti potrebbe dirsi soddisfatta se si tiene conto che la riduzione dei commi è pari quasi ad 1/3 delle parole e dei caratteri utilizzati. È peraltro evidente come, in realtà, il raggiungimento di un’effettiva semplificazione non debba necessariamente passare per una mera riduzione delle parole utilizzate. È tuttavia indubbio come un testo più agile rispetto ai precedenti sia del tutto auspicabile.

Appare significativa, a livello sistematico, la valorizzazione, con previsione di libri ad hoc, dei contratti di appalto nei settori speciali (Libro III) e del partenariato pubblico privato e delle concessioni (Libro IV).

 

  • Alcune delle novità di maggior rilievo

 

Sotto il profilo contenutistico, è opportuno esaminare, seppur sommariamente, alcuni degli aspetti di maggiore rilievo del progetto di nuovo Codice appalti.

 

  • I principi

 

In primo luogo, meritevole di attenzione è la scelta di inserire nei primi articoli, segnatamente nella Parte I, Titolo I del Libro I, un corpus di principi caratterizzati da un elevato grado di innovazione e che evidenziano quell’esigenza di rinnovamento a cui da tempo si auspicava in materia di contratti pubblici. Tale scelta, che si pone in discontinuità con quanto operato dal D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che non conteneva una parte iniziale specificamente dedicata ai principi generali, rivela la volontà del Legislatore di far sì che i 10 principi in questione rendano intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al codice rispetto alla (necessitata) articolazione delle sue parti, e consentono una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto.

Tra tali 10 principi assumono rilievo cruciale due principi dal carattere profondamente innovativo e che risultano ambedue preordinati a riequilibrare i rapporti fra P.A. ed operatori economici: il principio del risultato e il principio della fiducia.

Il principio del risultato, contemplato, dal punto di vista normativo, all’art. 1, comma 1, impone che l’azione amministrativa deve essere preordinata al perseguimento dell’interesse pubblico, ossia all’affidamento del contratto e alla sua esecuzione con la massima tempestività e rispettando il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nell’osservanza dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza, che vengono ivi espressamente richiamati. Il comma 4 della medesima disposizione assegna altresì al suddetto principio il rango di criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola da applicare nel caso concreto.

Il principio della fiducia, codificato dall’art. 2, mira invece a favorire l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e, in sostanza, ad arginare il fenomeno, invalso negli ultimi decenni, della c.d. “burocrazia difensiva”, ovvero del funzionario che, avendo timore delle possibili conseguenze del suo agire, preferisce astenersi dal farlo. Tale prassi, avendo, in maniera inevitabile, minato l’efficienza e il buon andamento dell’azione amministrativa, ha posto in luce l’esigenza di prevedere un intervento ad hoc ad opera del Legislatore, intervento realizzatosi, nella materia dei contratti pubblici, per il tramite della consacrazione espressa del principio in esame.

 

  • Novità in tema di livelli di progettazione e di appalto integrato

 

In secondo luogo, lo Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in esame ha operato una precisa scelta di campo in relazione ai livelli di progettazione: a questo proposito, l’art. 41, posto in apertura alla Parte IV del Libro I, prevede che la progettazione in materia di lavori pubblici si articoli in 2 livelli, vale a dire nel “progetto di fattibilità tecnico-economica” e nel “progetto esecutivo”.

Tale aspetto costituisce una delle novità più significative introdotte dal progetto di nuovo Codice appalti, dal momento che la normativa attualmente in vigore contempla, all’art. 23, 3 livelli di progettazione funzionali al perseguimento di scopi differenti:

  1. progetto di fattibilità tecnica ed economica, che si sostanzia nella scelta dell’amministrazione, tra le tante soluzioni esistenti, in ordine a quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività (art. 23, comma 5);
  2. progetto definitivo, che individua compiutamente i lavori da realizzare, nonché segna il momento di acquisizione di pareri, autorizzazioni, nulla osta da parte delle altre amministrazioni competenti, oltreché l’avvio delle procedure espropriative (art. 23, comma 7);
  3. progetto esecutivo, che determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare (art. 23, comma 8).

 

In terzo luogo, significativa appare la scelta di reinfondere linfa vitale all’istituto dell’appalto integrato, che risulta regolato dall’art. 44 del progetto di nuovo Codice appalti.

Posto che il tratto distintivo di tale istituto è rappresentato dalla possibilità di affidare ad un unico operatore economico tanto l’attività di progettazione quanto l’attività di esecuzione, l’art. 44 appena citato supera, al comma 1, il divieto generale originariamente posto dall’art. 59, comma 1 del D.lgs n. 50/2016, ammettendo dunque la possibilità che il contratto possa avere ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica previamente approvato. Tale possibilità, tuttavia, resta preclusa per gli appalti di valore predefinito, con rinvio ad apposito allegato, e per appalti che, indipendentemente dal loro valore, abbiano ad oggetto opere di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Ove l’opzione dell’appalto integrato venga esercitata, entra in gioco il comma 2 dell’art. 44 in esame, che sancisce l’obbligo in capo alle stazioni appaltanti di motivare la scelta con riferimento alle esigenze tecniche e tenendo sempre conto del rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva rispetto a quanto contrattualmente previsto.

 

  • Le novità in tema di revisione prezzi

 

In quarto luogo, di non trascurabile rilievo è l’introduzione del meccanismo obbligatorio di revisione prezzi previsto dall’art. 60 del progetto di nuovo Codice appalti: questo aspetto costituisce una delle più importanti novità apportate con il testo definitivo licenziato da Palazzo Spada.

 

Per comprendere l’effettiva portata di tale disposizione è utile ripercorrere, seppur brevemente, l’evoluzione normativa dell’istituto sopra citato.

 

Nell’ambito del D.lgs n.50/2016 il meccanismo di revisione prezzi non ha conosciuto la rilevanza che gli è stata riconosciuta con l’art. 60 appena citato: basti considerare che l’art. 106 del D.lgs. n. 50/2016, in netta discontinuità con l’art. 60 del progetto di nuovo Codice appalti, sanciva la sua natura facoltativa (e non obbligatoria) dello stesso.

Un passo ulteriore – e soprattutto inevitabile a seguito della pandemia, che ha contribuito ad innescare fenomeni inflattivi, che si sono poi aggravati ulteriormente in concomitanza con l’inizio e il perdurare del conflitto russo - ucraino – è stato compiuto con il noto Decreto Sostegni-ter (D.L. n. 4/2022, conv. in L. n. 25/2022), il quale ha sancito il carattere obbligatorio del meccanismo di revisione prezzi per i soli contratti pubblici i cui bandi fossero stati pubblicati successivamente al 27 gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023. In questa cornice, si insedia l’art. 60 del progetto di nuovo Codice appalti, il quale prevede al comma 1, l’obbligatorietà dell’inserimento delle clausole di revisione dei prezzi nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento, in continuità con quanto in precedenza stabilito dal D.L. Sostegni-ter.

A ben vedere, invero, il progetto di nuovo Codice appalti si spinge ben oltre l’enunciazione inequivoca del carattere obbligatorio del meccanismo di revisione dei prezzi come previsto dalla normativa emergenziale, recependo altresì i valori della soglia di attivazione a ricorrere dei quali questo può attivarsi. In questa prospettiva, l’art. 60 in esame fissa la soglia di aumento dei costi sopra la quale scatta la revisione prezzi al 5% e la quota di copertura dei prezzi all’80%, in netta discontinuità con le soglie previste rispettivamente dall’art. 106 del D.lgs n.50/2016 (10% e 50%).

 

  • Novità in tema di cause di esclusione: i requisiti di ordine generale

 

Particolarmente rilevanti le previsioni contenute all’interno del Libro II, titolo IV, capo II, agli artt. 94 – 98 dedicati ai “requisiti di ordine generale” che gli operatori economici devono necessariamente possedere ai fini della corretta scelta del contraente cui affidare l’esecuzione del contratto pubblico: le sopracitate disposizioni mirano a garantire piena operatività al c.d. “principio di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione”, cristallizzato nell’art. 10, il quale persegue l’intento di porre un freno a quella proliferazione di casi di esclusione che la prassi operativa aveva forgiato e che rischiava di costituire un vulnus per l’applicazione del principio del favor partecipationis.

 

L’art. 10 del progetto di nuovo Codice appalti, come noto, trova il suo antecedente normativo nell’art. 83, comma 8 del D.lgs. n.50/2016, che sanciva che “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle.

 

Tuttavia, al di là di tali considerazioni, l’elemento di novità che caratterizza gli artt. 94 e ss. e che segna una linea di demarcazione netta rispetto all’articolazione del Codice Appalti attualmente vigente è rappresentata invero dal fatto che ben cinque articoli sono dedicate alla tematica relativa ai “requisiti di ordine generale”. Tale circostanza da un lato testimonianza indubbiamente la piena consapevolezza del Legislatore circa il carattere sensibile che questa assume nell’impalcatura della contrattualistica pubblica. Dall’altro, tuttavia, non può non prendersi atto di una ben maggiore articolazione, rispetto al passato, della tematica, con l’effetto che mentre prima il riferimento era unico (art. 80 dell’attuale Codice, ma ancor precedentemente, art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006), nel nuovo Codice si assiste invece una moltiplicazione di disposizioni da tenere in considerazione su tale centrale tematica, da parte tanto degli operatori quanto delle Stazioni appaltanti. Tuttavia, ad una lettura accurata degli articoli in questione, non può non apprezzarsi il tentativo chiarificatore, sotto molteplici aspetti, delle nuove norme.

 

Le prime due disposizioni, segnatamente gli artt. 94 – 95, distinguono le cause di esclusione in due sottocategorie: cause di esclusione automatiche e cause di esclusione non automatiche. Le prime costituiscono una diretta estrinsecazione dell’esercizio del potere vincolato delle stazioni appaltanti, volto a garantire la massima operatività del principio, di matrice comunitaria, del “favor partecipationis” sopra richiamato e che permette di realizzare un notevole ampliamento della schiera di possibili operatori economici che vi partecipano, nonché del principio di parità di trattamento; le seconde, invece, sono frutto di una valutazione discrezionale riconosciuta in capo alle stazioni appaltanti, non trovando pertanto applicazione il meccanismo dell’automatismo espulsivo.

Definite le cause di esclusione, a carattere automatico e non automatico, l’art. 96 contempla, invece, quel complesso di regole volte a definire gli aspetti procedimentali insiti nella tematica relativa all’esclusione, i momenti in cui essa può avvenire e l’istituto del self cleaning (art. 96, comma 6).

L’art. 97, ancora, si occupa delle cause di esclusione di partecipanti a raggruppamenti; mentre l’art. 98, infine, si occupa della tematica, centralissima, dell’”illecito professionale grave”: tale disposizione individua (comma 4), innanzitutto, gli elementi a ricorrere dei quali è configurabile fattispecie; secondariamente, contiene l’indicazione dei criteri sulla base dei quali è opportuno compiere la valutazione in ordine alla gravità dell’illecito professionale (comma 5), comprensivo delle dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella stessa gara (comma 6), nonché l’elencazione dei mezzi di prova (comma 7) che rilevano in rapporto al comma 4. Tuttavia, tralasciando gli aspetti appena enunciati, l’elemento su cui occorre preliminarmente focalizzare l’attenzione è rappresentato dall’introduzione di una vera e propria tipizzazione delle fattispecie integranti la causa di esclusione “illecito professionale”, tipizzazione che trova sicuramente la sua ragion d’essere nella volontà del Legislatore di porre un argine a quella prassi che ha visto, sin qui, dilatare oltremodo i confini dell’istituto appena citato, anche per effetto della lettura fornitane dall’ANAC con le Linee Guida n. 6.

 

  • Partenariato pubblico – privato e concessioni

 

Ancora, significativa è l’introduzione di un libro ad hoc in tema di concessioni e di partenariato pubblico-privato, quale è appunto il Libro IV del progetto di nuovo Codice Appalti. Il punto di partenza è rappresentato dalla piena vigenza, nel nostro ordinamento, del principio di atipicità delle forme contrattuali partenariali, che comporta come conseguenza, prima logica che giuridica, la circostanza che il termine PPP finisce per racchiudere, al suo interno, diversi tipi contrattuali, tra i quali la figura preminente della concessione.

Nell’ambito di tale libro assume rilievo centrale l’art. 175, che prevede svariati strumenti che dovrebbero agevolare la partecipazione degli investitori istituzionali alle procedure di partenariato pubblico – privato (PPP). A titolo esemplificativo, rientra nel novero di questi strumenti il c.d. “programma triennale delle esigenze pubbliche idonee ad essere soddisfatte attraverso forme di partenariato pubblico-privato.”

 

  • Novità in tema di subappalto

 

Infine, un ulteriore elemento che merita espressa menzione è rappresentato dall’ammissione, nell’ambito della disciplina sul subappalto - che per il resto appare far tesoro dell’evoluzione sin qui avutasi dell’istituto - del c.d. “subappalto a cascata”: il riferimento è rappresentato dal comma 17 dell’art. 119, ove si prevede che “Le stazioni appaltanti indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto e dell’esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali.”. Sia pur con una formula non scevra di incertezze, la disposizione appare infatti consentire (salvo deroga espressa in lex specialis da parte della Stazione Appaltante), “ulteriore subappalto”, allineando dunque alfine la normativa nazionale a quella comunitaria.

  1. Conclusioni

A conclusione del presente elaborato, appare utile riportare un passo della Relazione di accompagnamento del progetto di nuovo Codice appalti che appare cruciale laddove rammenta che “[…] la legge, anche se riordinata e semplificata grazie a un codice, è un elemento necessario ma non sufficiente per una riforma di successo, giacché tutte le riforme iniziano “dopo” la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e si realizzano soltanto se le norme sono effettivamente attuate “in concreto”.

Quanto sopra ci consente di inquadrare alcuni aspetti fondamentali, ben delineati nella “Relazione agli articoli e agli allegati” predisposta dal Consiglio di Stato:

  • la vera essenza del progetto di riforma non è tanto contenuta nella lettera della legge, nel dato normativo, quanto piuttosto nella prassi che da questa ne discenderà in concreto;
  • vi sono tre condizioni “non legislative” che costituiscono il presupposto indefettibile per il buon esito del progetto di riforma:
  1. una adeguata formazione dei funzionari pubblici che saranno chiamati ad applicare il nuovo codice;
  2. una selettiva riqualificazione delle stazioni appaltanti;
  • l’effettiva attuazione della digitalizzazione, consentendo, pur nel rispetto di tutte le regole di sicurezza, una piena interoperabilità delle banche dati pubbliche.

Non resta dunque che continuare a monitorare l’evoluzione che il progetto di riforma verosimilmente avrà nei successivi passaggi (Conferenza Stato Regioni, Commissioni Parlamentari e definitiva approvazione da parte del Consiglio dei Ministri), con la certezza che il 2023 vedrà finalmente venire alla luce la riforma sugli appalti pubblici che si rivela centrale anche per il rispetto degli impegni assunti con il PNRR.

Avv. Luca Spaziani, Partner Studio Legale Tonucci & Partners