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28/11/2019

Annullamento del provvedimento di aggiudicazione: il contratto resta efficace?

Annullamento del provvedimento di aggiudicazione: il contratto resta efficace?

A seguito dell’ annullamento del provvedimento di aggiudicazione, la Stazione Appaltante non può rimanere inerte qualora il Collegio non si sia espresso circa l’opportunità di mantenere fermo il contratto, lo ha affermato La Sezione V del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 7976 adottata in data 22.11.2019.

La possibilità da parte del Giudice Amministrativo di incidere sul negozio giuridico stipulato a valle di un provvedimento di aggiudicazione, come ricordato dal Collegio, non è infatti sempre possibile.

Segnatamente tale impossibilità si riscontra – come accaduto nella fattispecie concreta - allorquando non sia stato allegato in giudizio il fatto della stipulazione o non sia stata richiesta la declaratoria di inefficacia del contratto.

Il Collegio ha conseguentemente focalizzato la propria attenzione sull’onere gravante sulla Stazione Appaltante a seguito di una pronuncia demolitoria.

E’ stato a tal proposito innanzitutto specificato che l’Amministrazione “è tenuta a valutare se, alla luce delle ragioni che hanno determinato l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, permangano o meno le condizioni per la continuazione del rapporto contrattuale in essere con l’operatore economico (illegittimo) aggiudicatario, ovvero se non risponda maggiormente all’interesse pubblico, risolvere il contratto e indire una nuova procedura di gara (in applicazione del potere riconosciuto ora dall’art. 108, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; cfr. Cons. Stato, sez. IV 5 maggio 2016, n. 1798).

L’inerzia della stazione appaltante – per l’inevitabile mutamento delle condizioni derivante dalla caducazione del provvedimento di aggiudicazione – configura, pertanto, una condotta inottemperante al giudicato e consente alla parte vincitrice di (re)agire con ricorso per l’ottemperanza (si è affermato nella sentenza di questa Sezione n. 5500 del 2019: “Inducono alla soluzione accolta ragioni di effettività della tutela (ex art. 1 Cod. proc. amm.). Se, a seguito dell'annullamento degli atti di gara, l'amministrazione resta inerte, così consentendo la prosecuzione del contratto con la parte illegittima aggiudicataria, l'operatore economico vincitore del giudizio non avrà conseguito alcun effetto utile dal giudicato di annullamento, salvo eventualmente spuntare il risarcimento del danno che, tuttavia, è rimedio sussidiario, attivabile per il solo caso di impossibile esecuzione in forma specifica della sentenza (come si ricava dall'art. 112, comma 3, Cod. proc. amm.) Ed è chiaro che, a rigore, in caso di annullamento del provvedimento di aggiudicazione, è impossibile l'esecuzione in forma specifica solo nel caso di avvenuta completa esecuzione dell'opera, del servizio o della fornitura.”)”.

Il Consiglio di Stato ha poi identificato l’autotutela quale istituto cui l’Amministrazione deve ricorrere per valutare l’opportunità di risolvere il contratto; è stato però precisato che, pur essendo il ricorso a tale istituto atto dovuto, non ne risulta in alcun modo necessitato l’esito.

La Stazione Appaltante infatti esercita in tale sede un potere discrezionale mediante il quale opera un contemperamento degli interessi coinvolti sia di natura pubblicista che privatistica: la continuazione del rapporto con l’operatore economico illegittimamente individuato, da un lato, e l’immediata caducazione del contratto con contestuale riedizione della gara, dall’ altro.

Il Collegio, nel caso di specie, ha ritenuto conforme ai principi summenzionati la condotta posta in essere dall’ Amministrazione e ha valutato come legittimo il provvedimento con il quale è stata disposta una proroga tecnica del contratto in quanto adottata in un momento storico in cui non era possibile dubitare della legittimità degli atti di gara.

Avv. Giuseppe Imbergamo, Studio Legale Piselli & Partners