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Tra gli elementi di maggiore rilievo introdotti nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) si segnala la collocazione, in testa al corpo normativo, di un intero Titolo, composto da ben dodici articoli, interamente dedicato ai principi generali in materia di appalti pubblici.
Tale scelta, tutt’altro che casuale, rappresenta l’espressione di un rinnovato orientamento del Legislatore volto ad attribuire un ruolo centrale e decisivo ai principi fondamentali della materia, alla stregua dei quali occorre leggere, interpretare e applicare l’intero testo codicistico.
Il Consiglio di Stato ha infatti evidenziato, in occasione della presentazione della Relazione Illustrativo al nuovo Codice appalti, come nel previgente testo normativo il ruolo dei principi subiva una “compressione rilevante da parte delle norme puntuali”, finendo per “erodere ambiti di discrezionalità alle amministrazioni pubbliche, indotte a considerare tali principi come valori astratti a cui deve rispondere, in via solo tendenziale, la loro azione”.
In tal senso, attraverso la codificazione di principi fondamentali, il nuovo Codice dei contratti pubblici “mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica)”.
I principi si caratterizzano, invero, per un contenuto prevalentemente deontologico rispetto alle singole disposizioni normative: essi vengono così a costituire il fondamento giuridico della disciplina considerata, assolvendo così a una vera e propria funzione “genetica”, che guida l’interprete del Codice nel passaggio dall’interpretazione della disposizione astratta all’applicazione della norma al caso concreto.
Ancora meno casuale appare la scelta del Legislatore di aprire il Codice con un nuovo e innovativo principio, destinato a fungere da presidio dell’intera azione amministrativa nel settore dei contratti pubblici: il principio del risultato.
“1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
Dalla lettura del testo codicistico, può desumersi che, con il termine “risultato”, si intende l’interesse pubblico primario che, per utilizzare i termini scelti dal Legislatore, le stazioni appaltanti ed enti concedenti devono sempre perseguire nell’esercizio delle loro attività, e che viene individuato nell’affidamento del contratto, nella sua esecuzione con la massima tempestività e nel miglior rapporto possibile tra la qualità realizzativa e il prezzo dovuto per la realizzazione, sempre nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
In particolare, dal tenore testuale dell’art. 1 del Codice si evince il ruolo centrale della concorrenza, che rappresenta, oggi, non il fine che le Stazioni appaltanti sono tenute a perseguire, bensì il mezzo utile alle Amministrazioni aggiudicatrici per raggiungere lo scopo - rectius il risultato - dell’affidamento di un contratto pubblico.
Per effetto del principio in esame, l’obiettivo che le Stazioni appaltanti sono tenute a raggiungere non è rappresentato dalla gara in sé, bensì dalla conclusione di un contratto idoneo a garantire prestazioni con il miglior rapporto qualità/prezzo.
Il principio del risultato si configura, dunque, come il principio cardine dell’intera disciplina dei contratti pubblici, costituendo così un corollario imprescindibile dei più ampi principi di legalità, trasparenza e concorrenza, nonché del principio di buon andamento e di quelli correlati di efficienza, efficacia ed economicità, richiamati anche dallo stesso art. 1 al comma 3.
Nonostante il principio in esame sia stato introdotto nel nostro ordinamento per effetto della relativa codificazione ad opera del nuovo Codice dei contratti pubblici, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato come “tale principio era già «immanente» al sistema della c.d. amministrazione di risultato (ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023).
Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal d.lgs. n. 36/2023” (Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2024, n. 4996).
Il principio di risultato costituisce, dunque, il “criterio prioritario” che le Amministrazioni Appaltanti sono tenute ad applicare concretamente nello svolgimento delle attività amministrative necessarie all’affidamento e all’esecuzione dei contratti pubblici.
Il principio del risultato è stato, innanzitutto, ritenuto quale criterio ermeneutico ai fini dell’interpretazione della lex specialis di gara.
In merito, il TAR Campania, sede di Napoli, sez. V, 6 maggio 2024, n. 2959 ha sottolineato come la previsione di cui al comma 4 dell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023 sia “destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica”, evidenziando come, nel fattispecie oggetto di pronuncia, “il chiarimento reso dalla stazione appaltante si è posto pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente”.
Sempre nell’ambito della lex specialis, il principio del risultato può fungere da criterio orientativo per le stazioni appaltanti nei casi in cui sia necessario dirimere un dubbio interpretativo in merito alla “sorte” della legge di gara.
In tal senso, il principio del risultato può “essere declinato in termini che pongano l’accento sull’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento.
In tale ottica, può quindi nella specie affermarsi che vada mantenuta la legge di gara e garantito lo svolgimento della procedura di appalto, poiché a tale risultato non si frappongono esigenze dettate dalla preminente tutela delle ragioni del concorrente, la cui posizione sia stata ingiustificatamente lesa” (TAR Campania, sede di Napoli, sez. I, 15 gennaio 2024, n. 377).
Riprendendo i medesimi argomenti espressi dal TAR Campania, anche il TAR Molise si è pronunciato in una fattispecie analoga, ritenendo di salvaguardare l’intera procedura di gara, nonostante il Collegio avesse rilevato come uno dei criteri di valutazione premiale stabiliti dalla lex specialis si fosse rivelato, nella sostanza, come un tamquam non esset (e per questo oggetto di censura da parte del ricorrente).
Più nel dettaglio della fattispecie, “sul piano propriamente pratico della vicenda, risulta dagli atti che la Commissione, nella seduta di valutazione del 29 dicembre 2023, abbia nei fatti disconosciuto ogni rilevanza e utilità al criterio, attribuendo per esso a entrambe le imprese concorrenti un punteggio pari a 0.
In questo contesto, la censura di legittimità dedotta con riguardo a quest’ultimo criterio si palesa quindi inammissibile, alla stessa stregua di quanto appena evidenziato con riguardo al criterio quantitativo n. 4, non essendo nemmeno in questo caso desumibile l’esistenza di alcuna utilità, neppure mediata, che la ricorrente possa trarre dall’accoglimento della doglianza. […]
Ebbene, ad avviso del Collegio le suddette coordinate ermeneutiche conducono nel caso di specie, nel merito, alla conclusione della salvezza dell’intera procedura di gara proprio in virtù dell’applicazione del principio del risultato. Le offerte di gara nella specifica vicenda sono state analiticamente confrontate, e la valutazione della commissione non è stata attinta da vizi sostanziali, né da forme di illegittimità derivata di cui sia stata allegata e dimostrata l’attitudine a inficiare l’intera procedura.
D’altra parte, il criterio ora in disamina, in concreto, non è stato dalla Commissione operativamente applicato, non essendo valso a conferire a nessuno dei contendenti alcun punteggio e, dunque, alcuna utilità” (TAR Molise, sez. I, 20 maggio 2024, n. 159).
Ciò che emerge è che, come già evidenziato in precedenza, nell’analisi dei casi concreti, occorre tenere conto dell’esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica, valorizzando l’interesse prioritario al tempestivo perseguimento delle finalità della stipulazione del contratto di appalto: devono essere superati, in altri termini, quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato.
Ancora, il principio del risultato permea la procedura di gara sin dalle sue fasi iniziali, manifestandosi anche nella scelta della piattaforma telematica da parte dell’Amministrazione appaltante per lo svolgimento della procedura concorsuale.
Con recenti sentenze, il Consiglio di Stato (sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924; sez. VII, 1 luglio 2024, n. 5789) ha evidenziato che il principio del risultato deve essere interpretato e applicato tenendo conto della finalità sottesa alla motivazione secondo cui il “ricorso alle modalità telematiche di gara risponde alla ratio di snellire e velocizzare le procedure, riducendo gli adempimenti formali, promuovendo l’interazione tra stazione appaltante e concorrenti, in un’ottica di semplificazione e di leale collaborazione”.
Appare, pertanto, del tutto contrario a tale finalità l’utilizzo di piattaforme telematiche strutturate in modo da rendere la presentazione dell’offerta assimilabile “una sorta di gara ad ostacoli” per l’operatore economico.
Nella fattispecie oggetto della sentenza n. 5789 del 2024, il Consiglio di Stato ha ritenuto che “l’eccessiva “rigidità” della piattaforma informatica approntata per la presentazione delle offerte, unita all’eccessivo “formalismo” con cui la stazione appaltante ha gestito la gara” abbia, in sostanza, “frustrato”, e dunque violato, il principio di cui all’art. 1 del nuovo Codice dei contratti pubblici.
L’operatività del principio del risultato non può che estendersi anche, e soprattutto, nell’ambito delle operazioni concorsuali che caratterizzano la procedura di appalto.
Un istituto che si armonizza pienamente con la ratio e le finalità sottese al principio del risultato è quello del soccorso istruttorio, disciplinato dall’art. 101 d.lgs. n. 36 del 2023. Anche sotto questo profilo, la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato come il principio del risultato costituisca uno dei cardini ispiratori dell’istituto del soccorso istruttorio.
In tal senso si è espresso, tra gli altri, il TAR Venezia, che - in un caso in cui la Stazione appaltante continuava a nutrire dubbi circa il contenuto della documentazione prodotta da un operatore economico anche dopo l’attivazione del soccorso istruttorio - ha enunciato il principio secondo il quale “l’Amministrazione è tenuta, qualora dalla documentazione integrativa residuino margini di incertezza facilmente superabili, a chiedere al concorrente ulteriori chiarimenti, in vista del raggiungimento del miglior risultato possibile in termine di apertura al mercato concorrenziale”.
In particolare, la “riattivazione del soccorso istruttorio, nel caso qui in discussione, rappresenta una diretta applicazione del principio del risultato sostanziale, alla cui attuazione è funzionale la libera concorrenza tra le imprese, che, nell’attuale contesto normativo, rappresenta un super principio in quanto criterio interpretativo e applicativo di tutte le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici: proprio per tale funzione teleologica, esso ricopre valenza precettiva e non meramente programmatica.
Ebbene, il miglior risultato, in vista dell’affidamento del contratto in esame, è conseguibile proprio consentendo a OMISSIS (n.d.r.) di chiarire i dubbi in ordine alla documentazione integrativa dalla stessa depositata nel soccorso istruttorio, concernenti una questione (ossia i limiti del potere di rappresentanza del firmatario dei contratti di avvalimento) facilmente verificabile dalla Stazione appaltante mediante la richiesta di precisazioni sull’esatta portata delle procure rilasciate dalle società ausiliarie” (TAR Venezia, sez. I, 11 settembre 224, n. 2142).
Tale “legame” è stato altresì riconosciuto dal TRGA Bolzano, a mente del quale “l’istituto del soccorso istruttorio/procedimentale deve essere interpretato conformemente al cd. principio del risultato”, in quanto il perseguimento del risultato “deve orientare quale criterio-guida l’azione amministrativa nella selezione del concorrente che risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento avendo presentato la migliore offerta.
Da ciò deriva che l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, impedisca all’operatore economico che abbia presentato la migliore offerta di aggiudicarsi la commessa, è illegittimo anche sotto il profilo della violazione del cd. principio del risultato” (TRGA Bolzano, 25 ottobre 2023, n. 316).
È evidente che il principio del risultato imponga alla stazione appaltante di garantire a tutti gli operatori economici, attraverso l’istituto del soccorso istruttorio, la possibilità di sanare meri errori materiali.
Ad ogni modo, ciò non deve tradursi in una “enfatizzazione del principio del risultato”, tale da giustificare una massimizzazione del “valore oggettivo della prestazione offerta sin dall’inizio dall’originario aggiudicatario della commessa”, e, di conseguenza, “consentire all’Amministrazione di violare i criteri che rappresentano il sestante delle procedure di gara, ossia la tutela della concorrenza e la par condicio competitorum” (Cons. Stato, sez. V, 25 settembre 2024, n. 7798), permettendo, ad esempio, modifiche postume all’offerta tecnica.
Infatti, “se è vero che l’Amministrazione deve tendere al miglior risultato possibile, in difesa dell’interesse pubblico, tale risultato deve essere comunque il più ‘virtuoso’ e viene raggiunto selezionando gli operatori che dimostrino, fin dalle prime fasi della gara, diligenza e professionalità, quali espressione di una affidabilità che su di essi dovrà essere riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento” (Cons. Stato n. 7798 del 2024).
Alla luce di quanto sinora esposto, appare del tutto evidente la centralità del principio di risultato quale “criterio guida” sia nell’ambito dell’esercizio del potere discrezionale della Stazione appaltante, sia per l’individuazione della regola per il caso concreto: si tratta, in definitiva, del principio-guida a cui le Amministrazioni appaltanti devono conformarsi e adeguare il proprio operato.
avv. Mariateresa Badolato e dott. Francesco Riccardi
Studio Legale Zoppellari e Associati
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