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13/04/2023

Articolo 30 cpa: azione di condanna

Articolo 30 cpa: azione di condanna

Articolo 30 del codice dei processi amministrativi: l’azione di condanna

L’azione di condanna nel sistema di giustizia amministrativa ha un’origine abbastanza recente. Infatti, prima dell’entrata in vigore della Legge n. 205/2000, che ha recepito la sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 500/1999, il sistema di giustizia amministrativa era imperniato su due azioni principali attribuite alla giurisdizione di due giudici distinti: da un lato, l’azione di annullamento avverso un provvedimento illegittimo lesivo di interessi legittimi, esperibile davanti al giudice amministrativo; dall’altro, l’azione di risarcimento del danno nei confronti di comportamenti illeciti della Pubblica Amministrazione lesivi di diritti soggettivi, esperibile soltanto davanti al giudice ordinario.

Quando il ricorso amministrativo è irricevibile?

In altre parole, fino a non molto tempo fa, era possibile ottenere tutela avverso l’azione illegittima della Pubblica Amministrazione solo nel caso in cui il comportamento della stessa fosse lesiva di diritti soggettivi, escludendo quindi gli interessi legittimi. Tale impostazione faceva leva sul convincimento che l’art. 2043 del Codice civile avrebbe richiesto necessariamente la sola lesione di un diritto soggettivo, con la conseguenza che, per molti anni, un’eventuale domanda in tal senso doveva essere respinta per difetto assoluto di giurisdizione, per poi “correggersi” – prima ancora della svolta del 1999 - con la sentenza, sempre a Sezioni Unite, del 14 gennaio 1992 n. 967, con è stato sancito il rigetto nel merito della domanda stessa.

Che cos’è la pregiudiziale amministrativa?

In ogni caso, prima della L. n.  205/2000, vigeva la regola della c.d. pregiudiziale amministrativa: vale a dire la necessità per cui l’azione risarcitoria instaurata dal giudice ordinario dovesse essere necessariamente preceduta dall’esito positivo dall’azione di annullamento.

Successivamente, il Codice del processo amministrativo (D.lgs. n. 104/2010), in continuità con le previsioni introdotte nel 2000 e in linea con la parabola evolutiva avviata con la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 500/1999, la quale ha considerato l’art. 2043 del Codice civile come una mera clausola generale sul risarcimento del danno ingiusto – in cui rilevano, appunto, il fatto illecito che diventa un danno ingiusto, il nesso di causalità e l’elemento psicologico – e, come tale, applicabile anche alla lesione degli interessi legittimi, ha disciplinato le diverse azioni proponibili dinnanzi al giudice amministrativo.

Tale approdo è stato un significativo elemento di novità rispetto al precedente assetto nel quale non era presente alcuna disposizione sulla tipologia di azioni ammissibili dinanzi al giudice amministrativo.

Che cos’è l’azione di condanna?

L’azione risarcitoria davanti al giudice amministrativo è oggi disciplinata dagli artt. 7 e 30 del Codice del processo amministrativo. In particolare, l’art. 7, nel disciplinare la giurisdizione amministrativa, devolve alla giurisdizione di legittimità le controversie risarcitorie per lesione di interessi legittimi e specifica che nelle materie di giurisdizione esclusiva si prevede che il giudice amministrativo conosca, pure a fini risarcitori, delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.

Che cosa si intende per giurisdizione esclusiva?

All’azione di condanna, invece, il Codice del processo amministrativo dedica l’art. 30, il cui comma 1 stabilisce che “può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma”.

Tale comma, quindi, ha introdotto la possibilità di esercitare in via autonoma la stessa azione di condanna nelle sole ipotesi di giurisdizione esclusiva, intendendosi quel tipo di giurisdizione in cui il giudice amministrativo conosce, in relazione a determinate materie indicate dalla legge (ex art. 133 del Codice), oltre che di interessi legittimi, anche di diritti soggettivi, in deroga al tradizionale criterio di riparto delle giurisdizioni fondato sulla cd. causa petendi, ossia sulla natura della situazione giuridica dedotta in giudizio.

Inoltre, il comma 2 prevede la possibilità di proporre domanda di condanna al risarcimento sia del danno “ingiusto” da illegittimo esercizio dell’esercizio del potere amministrativo e sia del danno da ritardo e ammette – qualora sussistano i presupposti ex art. 2058 del Codice civile – anche la possibilità per il giudice di pronunciarsi sul risarcimento in forma specifica.

Al comma successivo, l’art. 30 disciplina il termine di decadenza per la condanna al risarcimento del danno da lesione degli interessi legittimi, pari a centoventi giorni, con un dies a quo variabile a seconda dei casi e prevede la possibilità per lo stesso giudice di escludere il risarcimento di quei danni «che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti».

Orbene, la circostanza per cui i commi seguenti si occupino solo dell’azione risarcitoria, costringe l’interprete a cercare altrove per individuare le tipologie di domande proponibili. Infatti, se l’azione autonoma di condanna nella giurisdizione di legittimità è solo quella al risarcimento del danno, è evidente che restano da individuare tutte le azioni proponibili contestualmente ad altra azione.

Quali sono le azioni di condanna?

Ebbene, l’elenco delle azioni di condanna si può ricavare dall’art. 34, comma 1 del Codice: “In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:  “[…] b) ordina allamministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine; c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, alladozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dellarticolo 2058 del codice civile. Lazione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto è esercitata, nei limiti di cui allarticolo 31, comma 3, contestualmente allazione di annullamento del provvedimento di diniego o allazione avverso il silenzio; […]”.

Alla stregua di quanto sinora s'è detto, si può certamente desumere che il Codice distingue tra azione di condanna avente ad oggetto un dare, che è la condanna al risarcimento del danno da illegittimo esercizio della funzione e condanna avente ad oggetto un facere, finalizzata al rilascio del provvedimento dovuto.

Quanto sopra detto dimostra che il processo amministrativo, abbandonando il modello di processo sull’atto, è divenuto un vero giudizio sul rapporto.

 

Avv. Giuseppe Imbergamo - Studio Legale Piselli&Partners